Tropea, una favola azzurra

Ragazzi, ex detenuti, nelle condizioni di poter svolgere un lavoro

Ripulito il tratto di strada, in prossimità dello svincolo nord che porta al centro della cittadina tirrenica

 

di Francesco Marmorato
foto Marmorato-Libertino

 

E’ una splendida giornata di sole. L’estate è alle porte e visto dalla statale 522 il mare sembra un immenso tappeto azzurro disteso ai piedi dei palazzi nobiliari di Tropea. In lontananza si vede qualche imbarcazione ma non si riesce a distinguere bene se si tratta di pescatori di ritorno al porto dopo la pesca o delle prime timide presenze turistiche che, nell’assolata quiete del mattino, si godono la bellezza dell’incantevole paesaggio della costa degli dei. Quella vista sembra una cartolina e racchiude in se qualcosa di magico, qualcosa di poetico. Ma come in tutto ciò che si osserva con la genuina frivolezza e la semplicità di una fugace occhiata emotiva, il paesaggio rimane tragicamente immobile, come racchiuso dentro un quadro, e basta un attimo di disillusione per comprendere che la vita muove in tutt’altra direzione, che la vita è altra cosa.

Dopo un breve tratto di strada, in prossimità dello svincolo nord che porta al centro della cittadina tirrenica, ci imbattiamo in un restringimento della carreggiata e, ai due lati della strada, vediamo una ruspa e diversi operai intenti nel loro lavoro. Capiamo subito di essere arrivati nel posto giusto. E bastano pochi minuti perché anche gli operai si accorgano della nostra presenza. Quindi, messi da parte gli utensili da lavoro, vengono a srtingerci la mano e presentarsi. Ognuno di loro ci tiene a dire qualcosa, si sbracciano perché cercano invano le parole giuste per poter esprimere tutto quello che non hanno mai detto in presenza di estranei, ma non è facile. E le ragioni non possono che essere tante. A.Z. ha 35 anni. Ha il volto da duro ma un sorriso sincero. «Da tempo – dice – siamo alla ricerca di lavoro, ma tutti ci sbattono la porta in faccia.» V.D.C ne ha 42 di anni, ha un incedere goffo, e, quando si avvicina a noi, negli occhi gli si legge immediatamente una voglia matta di parlare. Vuole essere il primo, vuole fare da portavoce al gruppo. «Siamo poveri – spiega con una certa foga mista ad una evidente enfasi – ma vogliamo vedere la nostra città pulita. Non vogliamo più essere considerati lo scarto della società» Accanto a lui c’è P. R. 35 anni, simpatico, gentile, molto disponibile. «Lavoriamo dalle 7 alle 19 ormai da tre giorni – dice con una punta di amarezza - e qualcuno in città si è permesso di criticarci. Per quale motivo lo fanno? Noi non abbiamo altro modo per poter portare il pane alle nostre famiglie.»   

Più in là, in disparte c’è S.R. 39 anni. E’ il più diffidente e introverso del gruppo. Carnagione scura, sguardo cupo ma molto semplice nei modi. Dice poche cose ma è conciso e va subito al sodo mentre gli altri annuiscono agitati. «Dobbiamo ringraziare Giovanbattista Cricelli se oggi portiamo il pane a casa. Il comune di Tropea ci ha riempiti soltanto di parole. Se non ci aiuta qualcuno come possiamo andare avanti? In che modo possiamo continuare a vivere?» Gli fa eco M. R. di 33 anni che è reticente nel dire la sua ma fa una battuta che è tutto un programma: «Se non era per Giovambattista oggi forse eravamo tutti dentro.» Al che si levano diversi commenti. Ma chi meglio dell’imprenditore tropeano Cricelli può spiegarci il disagio che vivono i ragazzi? Lui è alto, porta gli occhiali ed ha avuto un’idea brillante per la sua città. Un’idea veramente bella per Tropea. Quando parla non è il tipo che ama andare tanto per le lunghe. «Era il 2001 – spiega con voce spedita – e per mia sfortuna mi trovai coinvolto in quella che poi fu denominata operazione Badessa. Rimasi in carcere per 25 giorni e poi uscì in primo grado per ingiusta detenzione. Lo Stato mi ha risarcito con la somma di 2150 euro. E visto che l’estate è alle porte e qui si vive di turismo, ho pensato di destinare questi soldi nel sociale e offrire così ai turisti pulizia e ordine lungo le strade della nostra città. Naturalmente per far questo ho ottenuto l’autorizzazione del comune di Tropea.» Mentre pronuncia queste parole gli operai stanno per fare ritorno al loro lavoro, quando uno di loro esclama: «Non è venuto nessuno dell’Amministrazione neppure a portarci una bottiglia d’acqua!» Poi Cricelli spiega: «Ho messo questi ragazzi, tutti ex detenuti, nelle condizioni di poter svolgere un lavoro. Loro ci tengono fortemente, vogliono dimostrare che per la comunità possono essere utili, non amano affatto venire etichettati da tutti come lo scarto della società. Ma purtroppo posso farli lavorare per uno, al massimo due mesi. E Poi? Cosa faranno? Chi darà loro un lavoro?»

Di certo è gente che nella vita ne ha fatti tanti di errori. Omicidio, droga, rapina. Questi i reati, per un totale di circa 60 anni di carcere. Tutte storie di solitudine e silenzi, di rimpianti e tristezza. C’è chi dichiara di essere stato sul punto di morire in carcere a causa di un’anoressia nervosa e di non essere stato aiutato da nessuno, neppure da psicologi e assistenti sociali. Chi sa di aver trascorso i migliori anni della propria esistenza rinchiuso in una piccola cella e non vuole parlarne affatto. «Noi chiediamo solamente di poter lavorare. – spiega uno di loro –  Quando abbiamo interpellato le ditte e i villaggi turistici ci hanno sbattuto le porte in faccia, facendoci intendere che dobbiamo rivolgerci alla legge per ottenere un posto di lavoro.» Ma ormai per loro si è fatto tardi, devono ritornare a lavoro. Prima di congedarci scattiamo qualche foto. Fa molto caldo in questa tarda mattinata primaverile. Ma lungo la via del ritorno si sente già il profumo dell’estate. Il mare in una perfetta solitudine si specchia col cielo azzurro. Sembra un’autostrada infinita e basta un niente per capire che in fondo non costa nulla sperare.   

 

 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

    www.tropeaedintorni.it        maggio 2007