Curiosità dalla storia

Curiosità dalla storia: dall’O.d.G. Grandi al processo di Verona (14)

Furono “traditori” oppure alcuni non si resero conto che stavano “tradendo” il Duce?

Vincenzo Cersosimo, giudice istruttore al processo di Verona: «Loro (gli imputati) non hanno capito l’insidia che si celava nell’ordine del giorno Grandi. Quando si dice al re “di assumere […] quella suprema iniziativa di decisione”, vuol dire che il re aveva la facoltà di fare tutto ciò che voleva»

1) Carlo Alberto di Savoia promulgò lo Statuto Albertino il 4 marzo 1848 – 2) Vincenzo Cersosimo, Giudice istruttore al processo di Verona – 3) Dino Grandi – 4) Mussolini – 5) Inizio dell’autografo dell’ O.d.G.-Grandi – 6) Vittorio Emanuele III

Se Mussolini avesse voluto avrebbe potuto salvare Ciano. Ma se l’avesse salvato avrebbe dovuto salvare gli altri. In realtà il Duce era fermamente convinto che «se vi fossero stati dei reali colpevoli, questi sicuramente non si sarebbero trovati tra gli arrestati». Gli altri gerarchi erano stati condannati a morte solo perché fascisti e nazisti insieme volevano uccidere Ciano. De Bono era ormai un uomo anziano e ammalato; Gottardi, Marinelli e Pareschi personaggi non certo di spessore nel partito. In particolare Gottardi e Pareschi avevano partecipato per la prima volta proprio il 25 luglio 1943 alla riunione del Gran consiglio del fascismo, quando il Duce fu messo in minoranza e dovette rassegnare le dimissioni. Il processo fu comunque la conferma di una sentenza già annunciata. C’erano pressioni per una sentenza di condanna a morte dal segretario del partito, Alessandro Pavolini, dai fascisti della RSI, da Hitler e von Ribbentrop. Ma la condanna alla pena capitale di tutti gli imputati? Erano tutti dei traditori oppure alcuni avevano votato l’ordine del giorno Grandi senza rendersi conto che stavano “tradendo” il Duce? Ciano sapeva, era stato coinvolto da Bottai e Grandi. E Pareschi? Gottardi? De Bono? Marinelli? Come ha ben spiegato Vincenzo Cersosimo, giudice istruttore al processo di Verona, «Loro (gli imputati) non hanno capito l’insidia che si celava nell’ordine del giorno Grandi. Quando si dice al re “di assumere […] quella suprema iniziativa di decisione”, vuol dire che il re aveva la facoltà di fare tutto ciò che voleva».
Riportiamo qui di seguito l’ordine del giorno Grandi e l’articolo 5 dello Statuto del Regno (Statuto Albertino allora in vigore).

Ordine del giorno Grandi

Il Gran Consiglio, riunendosi in questi giorni di supremo cimento, volge innanzitutto il suo pensiero agli eroici combattenti d’ogni arma che, a fianco della fiera gente di Sicilia, in cui più alta risplende l’univoca fede del popolo italiano, rinnovano le nobili tradizioni di strenuo valore e d’indomabile spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate. Esaminata la situazione interna ed internazionale e la condotta politica e militare della guerra, proclama il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere a ogni costo l’unità, l’indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni, dal Risorgimento ad oggi, la vita e l’avvenire del popolo italiano; afferma la necessità dell’unione morale e materiale di tutti gli italiani in quest’ora grave e decisiva per i destini della Nazione; dichiara che a tale scopo è necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali; invita il Capo del Governo a pregare la Maestà del Re, verso la quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché egli voglia, per l’onore e per la salvezza della Patria, assumere con l’effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell’aria, secondo l’articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione, che le nostre istituzioni a lui attribuiscono, istituzioni che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra augusta dinastia di Savoia.

Articolo 5 dello Statuto del Regno
Ogni giustizia emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome. Egli può far grazia e commutare le pene.

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Redazione
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