XV EDIZIONE PREMIO DON MOTTOLA 

Mettere in luce il bene “silenzioso” per una “Cultura” di pace Il messaggio di don Mottola secondo  Mons. Casale

di Domenico Pantano
foto Salvatore Libertino

La ricorrenza della XV Edizione del “Premio Don Mottola” ha riunito a Tropea diversi soci della Fondazione, amici ed estimatori del Servo di Dio, che hanno preso l’occasione per confrontarsi sull’attualizzazione del suo messaggio in un una società globalizzata, in cui il bene sembra avere poca rilevanza.
Ha aperto i lavori, a nome del presidente Dott. Albino Gorini assente per impegni sindacali come presidente nazionale  della CISL  Agricoltura, Nicola Di Napoli, ispiratore e fondatore della Fondazione, il quale ha manifestato la sua soddisfazione e gratitudine al Signore e agli amici sostenitori per la vitalità e validità dimostrata dall’iniziativa, nel suo quindicesimo anno di vita.
Ha quindi rivolto il saluto a Mons. Domenico Cortese Vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera -Tropea, a Mons. Umberto Casale Vescovo Emerito di Foggia-Bovino, al Sindaco Dott. Domenica Cortese, a Don Domenico Pantano Moderatore Generale degli Oblati e a tutti i presenti, in particolare ai provenienti da regioni diverse e lontane dalla Calabria. Ha infine ribadito la natura e le finalità della Fondazione, che si propone di  mettere in luce e di far conoscere il bene singolo o comunitario, che si manifesta nella vita quotidiana normale e che, in quanto tale, non fa notizia.
Ha quindi dato il suo saluto il Vescovo Mons. Cortese, il quale ha ricordato l’esempio di Don Mottola, in particolare nei lunghi 27 anni di vita crocifissa, nei quali, “non parlando” ma “vivendo”,  diede la sua testimonianza di amore verso Dio e i fratelli. Il Sindaco Dott.ssa Domenica Cortese, nel ringraziare la Fondazione, ha affermato che Don Mottola con il suo esempio di vita e le opere realizzate, illumina con il ”Sole” della fede e dell’amore la città di Tropea, che si onora di avergli dato i natali. Ha infine rivolto un grato saluto il Moderatore Generale degli Oblati del Sacro Cuore don Domenico Pantano, il quale ha fatto l’auspicio che per tutti si possa realizzare la preghiera di  Don Mottola, il quale chiedeva al Signore di avere un’”anima universale” come Gesù, che tutti e tutto  “comprende, ama e sublima”.
Mons. Umberto Casale ha tenuto una relazione sul tema “Essere battezzati in Calabria”, in cui, da una approfondita analisi del pensiero e delle opere del Servo di Dio, ha tratto delle opportune indicazioni per una coerente testimonianza del Vangelo in una società globalizzata.
Da dirette citazioni tratte dai primi quattro volumi dell’Opera Omnia, che ne prevede ben dodici, ha fatto risaltare l’amore per la sua terra.
Il compito provvidenziale della Calabria – scrive il Servo di Dio- è  “essere seme di fiamma in tutti i secoli… Diede il nome all’Italia, portò all’Occidente la poesia, la cultura e il pensiero greco”,  fu ponte fra Oriente ed Occidente, dando tutto, senza ricevere nulla, “Cenerentola” dei popoli.
Don Mottola non si ferma all’esaltazione sterile della storia della Calabria, ma  -ha riconosciuto Mons. Casale- dopo la sintesi precedente,  fa una documentata analisi e  guarda con occhio appassionato e dolente la sua terra, in particolare quando descrive  i suoi innumerevoli mali, come nelle celebri  pagine sulle Quattordici Stazioni della “Via Crucis” della Calabria.
Esse giustamente possono figurare fra le espressioni più alte della letteratura religiosa e civile.
Riportiamo  per aver un’idea qualche stralcio: “Nella mia terra di Calabria ho rifatto in ginocchio la Via Crucis: son passato per tutti i villaggi, son sceso in tutti i tuguri, ho transitato per tutte le quattordici stazioni.Ho sentito il singhiozzo della mia gente nel mio povero cuore. La gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo non ha conforto –come Gesù- e bisogna confortarlo nella salita necessaria al Calvario.”
In lui però –ha ribadito Mons. Casale- risalta sempre una prospettiva di speranza, che scaturisce, non dall’esterno, ma dall’opera e dal contributo responsabile dei suoi stessi figli.
Fra essi Don Mottola ricorda tre “veggenti”: Gioachino da Fiore il “contemplativo”; Tommaso Campanella, il sognatore della “Città del Sole”; Francesco da Paola “povero e ricco”, espressione più piena della gente di Calabria e S. Nilo, il monaco che unisce il mondo latino con la  tradizione bizantina.
Si realizza così quello che era il sogno di Don Mottola: l’”Umanesimo plenario calabrese”, che ha come simbolo la “Vampa” della Charitas del santo, nel cui cuore arse il fuoco dei vulcani della terra di Calabria. Ha come fine la “rivolta ideale”, la “rivoluzione cristiana”, che è sempre in atto.
Per questo utilizzò tutti i mezzi per la grande causa, in particolare i Seminari di Cultura, la stampa, che ebbe in “Parva Favilla”.la rivista da lui fondata, e che ancora viene pubblicata, la fucina, in cui le intelligenze e le anime più belle, fra i sacerdoti e i laici, elaborarono i piani pastorali per una rinascita autentica della Calabria.
Essa, per essere tale, non deve essere solo “macchina e commercio”, ma rispondere anche alle esigenze spirituali e morali dei calabresi.
Per tale impresa è necessaria l’assunzione di responsabilità in prima persona dei laici, che sono chiamati alla vita di santità e all’apostolato nel secolo, secondo l’indole di laici, nella vita  professionale e nei vari campi della società. 
Don Mottola per questa intuizione fu fra i pochi antesignani, che precedettero il Concilio Vaticano II, con la fondazione dell’Istituto Secolare dei Sacerdoti Oblati, delle Oblate e degli Oblati laici del Sacro Cuore, ai quali affidò il compito di essere fermento delle realtà terrestri, attraverso la contemplazione portata sulle vie del mondo, di essere i “certosini” e le “carmelitane” della strada.
Attento ai nuovi fermenti culturali, sociali e politici, espresse una netta condanna del Nazi-Fascismo e del Comunismo, come anche del Liberalismo, che nelle loro aberrazioni –scriveva nel 1938- avrebbero condotto ineluttabilmente alla guerra.
Unica via per il cristiano è la Teologia del Corpo Mistico, in cui tutti ci sentiamo intimamente uniti fra noi e Gesù, e, nel vincolo dell’amore fraterno, sappiamo vincere gli egoismi e come fratelli “dare al fratello”. Solo così si promuove e si crea una vera “Cultura” della pace e della solidarietà, facendo emergere il bene dalla realtà stessa calabrese, che ha “filoni” di fiamma, che debbono essere utilizzati per diventare “incendio
In questa umanità “dolente” della Calabria e dell’uomo in genere, pellegrino nella storia della Città terrena -ha concluso Mons. Casale- il Servo di Dio consegna l’ideale, che con nomi diversi, indica nella figura della “Lampada” , della “Favilla”,  della “Fiaccola”, che illumina l’itinerario per un approdo di Amore e di Pace, nel Cuore di Dio Padre-materno, a cui siamo chiamati da Cristo Suo Figlio, a partecipare alla vita Beata: “Morire per vivere  della Vita stessa di Dio”.
Il Presidente del Comitato del Premio Dott. Sandro Cortese ha infine assegnato la XV Edizione alla Cooperativa “Il Resto” fondata dal compianto don Giulio Sesti Osseo, il cui nome è legato all’Istituto Giovanni XXIII di Serra di Aiello Calabro(Cosenza), il quale accoglie circa settecento persone in difficoltà, vera “Cittadella” della Carità, una delle strutture più note ed attrezzate, che onora la Calabria e il Meridione.
Il Premio è stato ritirato dal Presidente della Cooperativa il Sig. Alfonso Veltri.
Nell’intervallo musicale si è esibita la pianista romana Prof.ssa Maria Grazia De Nardo, che ha meritato lusinghieri apprezzamenti per la perizia ed il gusto artistico, con cui ha riproposto dei brani di una Sinfonia di Bethoven.                                                                                 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

 

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