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I rischi di un partito senza radici

Analisi del voto europeo

La lettera di Giovanni Macrì

L’avvocato Giovanni Macrì

In questi giorni, su “Il Giornale, noto quotidiano di centrodestra che si rivolge evidentemente al “Popolo delle Libertà”, importanti firme mettono in guardia dai rischi insiti in un organismo ancora senza radici, auspicando che il Pdl, a breve giro, diventi un partito vero.
Conosco poco la situazioni organizzativa a livello nazionale, ho abbastanza chiaro il quadro politico regionale mentre conosco benissimo la situazione del partito nella mia provincia. Su questo livello intendo esprimere la mia opinione.
Chi fa seriamente politica sa leggere ed interpretare i dati elettorali dai quali nessun dirigente degno di questo nome può prescindere (il nostro Presidente Berlusconi chiede fatti e il consenso ne è il miglior indicatore). Le competizioni europee, al di là della loro intrinseca importanza, grazie al sistema delle preferenze, hanno consentito alle varie anime del Pdl (l’identica cosa è avvenuta nel PD) di misurarsi. Il risultato che è venuto fuori dalle urne è stato chiaro e talmente netto da non consentire alcun tipo di disquisizione: l’area Scopelliti e l’area Galati hanno dimostrato il loro impegno, la loro capacità di creare movimenti di aggregazione e mobilitazione e quindi di catturare il voto. I numeri sono numeri e la matematica non è un’opinione. Numerosi indicatori dimostrano come i consensi conseguiti siano esclusivamente frutto del loro duro lavoro. Il dato elettorale delle serre vibonesi, ad esempio, dove i Popolari Europei dell’on. Pino Galati non essendo organizzati riescono a portare sull’On. Barbara Matera una manciata di voti (Serra S. Bruno appena 11 preferenze, Nardodipace 3, Mongiana 2, Fabrizia 1) è la prova che la stessa non ha goduto di un voto di opinione o di preferenze imposte dall’alto. I consensi ottenuti in Calabria – ben 30.000 – hanno una chiara paternità che risponde al nome di Giuseppe Galati.
Passando dai successi agli insuccessi, il dato complessivo che viene fuori dalle urne della Provincia di Vibo non è particolarmente entusiasmante. Quanto raccolto dal Pdl (un misero 35,11% quasi in linea con la media nazionale ma lontanissimo da quella regionale) è stato commentato negativamente un po’ da tutti (Pino Nano del TG3 Calabria per primo) salvo che dai diretti responsabili ai quali, incomprensibilmente ma forse non troppo, è apparso più che lusinghiero. Evidentemente ai c.d. big del partito sfuggono molte cose ovvero, molto più verosimilmente, intendono sfuggire alle loro responsabilità ed al disagio per la modestia del dato. Un risultato che potrebbe preludere ad un nuovo scontro all’interno del Pdl vibonese che vedrebbe contrapposti non più il duo Bevilacqua-Basile, ma i giovani (ovviamente non in senso anagrafico) quadri ai leader storici che, con ogni probabilità, per resistere all’ondata di piena potrebbero addirittura arrivare a sotterrare quell’ascia di guerra che tanti danni ha causato al centrodestra vibonese ridotto, come dimostrato dai fatti, a poco più di un ectoplasma.
Ebbene, il mio auspicio – e sono sicuro di interpretare anche il pensiero di molti o di tutti i “giovani” – è che questa lotta intestina venga scongiurata. Ovviamente per fare ciò è necessario ed indifferibile che ognuno di noi sappia fare “il passo indietro” e che i coordinatori provinciali, calati dall’alto senza una preventiva consultazione del corpo militante del partito, sappiano rendersi interpreti delle realtà locali rifuggendo a tentazioni e/o a capricci impositivi. Se questo non dovesse avvenire, con ogni probabilità assisteremo all’evoluzione di un Pdl vibonese senza anima e, pertanto destinato al fallimento perché incapace di rendersi interprete delle esigenze del territorio e di incidere sul tessuto sociale.
Concludo auspicando l’introduzione massiccia, oggi e non domani, della democrazia nella vita del partito anche attraverso l’elezione da parte dei militanti, da non convocare ad intermittenza e solo in occasione di competizioni elettorali, degli organismi dirigenti di partito quanto meno a livello provinciale e comunale. Di fronte ad organi democraticamente eletti nessuna lamentela potrebbe essere tollerata.

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