Fede e dintorni

Il paradiso dopo l’inferno

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Il paradiso dopo l’inferno.

E’ quanto ha sperimentato, mercoledì 13 giugno 2018, Tomasz Komenda di 41 anni, dopo che ben diciotto anni li ha trascorsi in carcere per un terribile delitto mai commesso. Tomasz aveva 23 anni quando fu condannato per aver violentato e ucciso una quindicenne nella notte di capodanno tra il 1996 e il 1997.
– Ora, dopo la revisione del processo, è stato finalmente liberato e all’udienza generale con Papa Francesco del 13 giugno scorso era accompagnato dall’arcivescovo elemosiniere Konrad Krajewski e dai genitori. “L’abbraccio e l’incoraggiamento del Papa segnano l’inizio di una nuova vita, una vera e propria risurrezione… In quell’inferno dietro le sbarre mi hanno salvato la preghiera e l’unione con Gesù”.

Città del Vaticano, 13 giugno 2018 – Papa Francesco dopo l’udienza ha incontrato Tomasz Komenda e l’ha abbracciato.
Ad accompagnare Tomasz un uomo di 41 anni, c’erano i genitori. Venuti insieme a Roma per pregare sulla tomba di san Giovanni Paolo II, alla conclusione – purtroppo tardiva – di un incubo allucinante.
♦ Quell’incubo ha ridotto in cella per diciotto anni un ragazzo ventenne, accusato di aver stuprato e assassinato Malgorzata, una ragazza di quindici anni morta nella notte di Capodanno tra il 1996 e il 1997.
♦ Tre anni dopo, nel 2000, Tomasz venne arrestato come colpevole di quel delitto. Aveva 23 anni. Due esperti dell’Università di Wroclaw dissero che erano dei denti di Tomasz i segni lasciati sul corpo della vittima.
♦  Non era vero, ma il ragazzo ha dovuto attendere a lungo prima che la sua innocenza venisse riconosciuta e potesse così uscire dal carcere dov’era rinchiuso. In carcere, come spesso accade per le persone riconosciute colpevoli di delitti così gravi e di abusi contro i minori, Tomasz ha subito umiliazioni d’ogni genere da parte dei compagni di prigionia. «Un’esperienza particolarmente dura», ha ricordato.
♥ Il progetto dell’uomo, «finalmente libero», e dei suoi familiari era quello di recitare una preghiera davanti al sepolcro del santo Papa polacco Giovanni Paolo II, cioè di «ripartire dalla roccia della fede per ricostruire il futuro».
♥ Ma il suo amico Konrad Krajewski, l’Elemosiniere pontificio e neo-cardinale, ha saputo della sua presenza e l’ha accompagnato all’udienza generale e poi all’incontro con Francesco.
Il Papa era visibilmente commosso. Ha donato i rosari a Tomasz e ai suoi genitori. Si è fatto fotografare con loro.
♥ Per Tomasz questi gesti «segnano l’inizio di una nuova vita, una vera e propria risurrezione». «L’abbraccio e le parole di Papa Francesco mi danno quel coraggio di rimettermi in gioco e fare di quei diciott’anni d’inferno un motivo di riscatto», ha confidato ai media vaticani al termine dell’incontro.
♥ Per il pranzo il 41enne polacco è stato invitato a casa del cardinale Krajewski.
♥ Il pranzo è stato preparato da Enzo, un ex carcerato che ha scontato vent’anni di prigione e ora collabora con l’Elemosineria pontificia. Quando gli è stata raccontata la vicenda di Tomasz Komenda, Enzo, che ogni settimana prepara il cibo caldo distribuito ai poveri e ai senzatetto nelle stazioni di Roma, si è commosso: «So che cosa significa essere dentro per questi reati e so che cosa ti infliggono gli altri carcerati», ha detto. Quindi ha assicurato: «Preparerò per Tomasz un pranzo come mai lo ha avuto prima e come mai lo avrebbe potuto avere dietro le sbarre».
(fonti: cf. Osservatore Romano e Vatican insider).

All’udienza generale del 13 giugno 2018 Papa Francesco ha accolto e abbracciato Tomasz Komenda, un polacco di 41 anni che ha trascorso diciotto anni in carcere per un terribile delitto mai commesso. All’udienza era accompagnato dall’arcivescovo elemosiniere Konrad Krajewski (neo-cardinale) e dai genitori. E’ stato coma approdare in paradiso dopo essere stato a lungo nell’inferno. – “L’abbraccio e l’incoraggiamento del Papa segnano l’inizio di una nuova vita, una vera e propria risurrezione… In quell’inferno dietro le sbarre mi hanno salvato la preghiera e l’unione con Gesù”.

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