Cultura e Società

La Resistenza nel diario di Fossoli

Una grande serata si prospetta quella organizzata per la presentazione del “Diario di Fossoli” di Leopoldo Gasparotto. Il libro, curato da Mimo Franzinelli ed edito dalla Bollati Bornghieri, verrà presentato oggi pomeriggio alle ore 17 nella sala delle conferenze del museo diocesano della cittadina tirrenica, che è diretto da Don Ignazio Toraldo di Francia. A proporre l’incontro è il “Centro Studi Galluppiani”, presieduto dal professor Luciano Meligrana. Proprio al presidente dell’associazione spetterà il compito di coordinare i lavori di presentazione del volume, ai quali prenderanno parte Franco Tassone, direttore dei “Quaderni del Sud – Quaderni Calabresi”, la professoressa Antonella Salomoni e la ricercatrice Teresa Grande, dell’Università della Calabria.
Ma chi era Leopoldo Gasparrotto?
Celebre avvocato milanese di origine friulana e figlio di un parlamentare del partito radicale, Poldo militò fin da giovane nelle file democratiche. Rifiutò sempre di chinare il capo di fronte alle gerarchie ed all’ideologia del regime. Partecipò attivamente alla Guerra di liberazione, e, dopo l’8 settembre 1943, Poldo partecipa sin dall’inizio alle fasi organizzative della Resistenza a Milano. Per sfuggire ai pedinamenti fascisti e tedeschi, pur continuando a frequentare il Palazzo di Giustizia di Milano, fu costretto a cambiare domicilio ogni notte. Agli amici che lo implorano di fuggire rispondeva: «bisogna pure che uno arrischi per tutti». Ma l’11 dicembre 1943, alle 17, cadde nell’imboscata dei fascisti e venne arrestato con alcuni compagni in Piazza Castello. La descrizione del suo arrivo nel carcere, data dall’amico Gaetano De Martino, è agghiacciante: «[…]. Quel giorno nel rientrare in cella vidi nel corridoio l’alta figura dell’amico Poldo Gasparotto, aveva l’impermeabile macchiato di sangue, a forza di nerbate gli avevano spaccato la testa. Potei avvicinarlo e scambiare con lui alcune parole, potei anche porgergli un pò del cibo che avevo ricevuto nel pacco. Egli era calmo e parlava sorridendo. Nessun lamento per quel che gli era capitato, e solo un vago accenno alle valige che temeva sequestrate». In quelle valige erano contenuti i piani della Linea gotica. Fu in seguito condotto a San Vittore, e di lì a Verona, sottoposto a torture, non rivelò nulla sulla sua attività antifascista. Tradotto nel campo di Fossoli e nuovamente sottoposto a torture non fece nomi. Sarebbe potuto scappare da Fossoli, dato che un cittadino svizzero di Bellinzona, depositò presso una banca di Lugano un’ingente somma per favorire la sua fuga, ma quando gli si presentò l’uomo incaricato di farlo fuggire Poldo rispose: «Da qui non uscirò per mercato, ma colle mie forze e i miei compagni».
A Fossoli, va ricordato, vi fu un campo di concentramento, che a differenza di un lager non aveva camere a gas, ed in esso, di norma, non venivano inflitte condanne ai lavori forzati, oltre al fatto che l’obiettivo della sua costruzione non era la morte sul posto.
Il campo di Fossoli serviva dunque a radunare persone. In un primo momento vi furono fatti arrivare i prigionieri alleati, che vennero accolti in una tendopoli piuttosto ampia posta sul retro del campo, in seguito fu adibito a campo di raccolta per oppositori politici ed infine, con l’avvento della Repubblica Sociale alla fine del 1943, vi furono aggiunte delle parti in muratura, che lo resero adeguato a divenire campo di concentramento per ebrei e detenuti politici. Data la sua posizione conveniente a far partire i convogli verso i lager in Germania, l’anno seguente ne presero la piena gestione le SS. Almeno cinquemila anime furono traghettate da Fossoli verso l’inferno.
Uno di questi fu Primo Levi, che primi capitoli di “Se questo è un uomo” parlerà di Fossoli.
Anche per Gasparrotto, il 25 aprile, arrivò a Fossoli quello che doveva essere il preludio della fine, cioè l’ordine di prepararsi a partire per un campo di concentramento in Germania. In quell’occasione riuscì a inviare un messaggio alla moglie su di un piccolo pezzo di carta, in cui erano contenute queste parole: «L’incubo è cessato; parto per un c.c. in Germania. […]. Il morale come sempre è altissimo, e non mi spaventa ora l’avvenire. Ritorneremo, e presto, purificati da questa prova. […]. In alto i cuori! Secol si rinnova…». Poi, il 22 giugno 1944, tratto via dal campo e fatto salire su un camioncino dal quale scese dopo un chilometro di strada, trovò ad attenderlo solo una mortale raffica di mitragliatore.
Il diario di Gasparrotto si muove quindi all’interno di tematiche molto toccanti, per cui la serata si prospetta davvero interessante, considerato anche che l’elevato spessore culturale degli interventi sarà garantito da ospiti del calibro di Antonella Salomoni, storica che ha già pubblicato libri e articoli sull’ebraismo nell’Unione Sovietica ed insegna Storia contemporanea nella Facoltà di Scienze politiche dell’ateneo calabrese. La Salomoni, oltre al suo testo sulla shoah dal titolo “L’Unione Sovietica e la Shoah – Genocidio, resistenza, rimozione” (il Mulino 2007), si è occupata di ebraismo anche negli altri suoi libri, tra i quali ricordiamo “Il pensiero religioso e politico di Tolstoj in Italia” (Olschki, 1996), “Nazionalità ebraica, cittadinanza sovietica” (Pàtron, 2001) e “Il pane quotidiano. Ideologia e congiuntura nella Russia sovietica” (Il Mulino, 2001).

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Francesco Barritta
Docente ordinario di Lingua e letteratura italiana e Storia presso il Nautico di Pizzo (VV), è giornalista iscritto all'albo professionale dell'Ordine dei giornalisti della Calabria, elenco pubblicisti. Ha diretto varie testate giornalistiche, tra cui Tropeaedintorni.it