Dalla “famiglia” alla “famiglia di fatto”

Un saggio rivoluzionario sul fenomeno delle convivenze

Il libro di Tommaso Marvasi, “La famiglia di fatto”, presentato a Roma, ha suscitato vivo interesse ma anche polemiche su un argomento considerato tabù fino a pochi decenni fa. L’impegno dell’autore giurista è volto a concedere una regolamentazione anche a quelle coppie che vivono solo basandosi su una comunione di affetti ed intenti. A tutt’oggi, però, le resistenze sono molte.

 

di Bruna Fiorentino

foto Archivio Trophaeum

 

Roma – Si è tenuta a Roma, il 20 novembre 2003, nell’Aula Magna della Libera Università degli Studi “San Pio V”, la presentazione del libro “La famiglia di fatto” dell’insigne avvocato calabrese, nonché docente universitario, Tommaso Marvasi.

All’affollata conferenza hanno presenziato illustri nomi, quali l’Onorevole Rocco Buttiglione, professore di filosofia ed attuale Ministro delle Politiche Comunitarie; Nicola Bartone, professore di Diritto Penale e Diritto Penale Comparato all’Università di Salerno e componente del Comitato per l’accesso alla Giustizia nell’Unione Europea; Adriano Giuffrè, professore di Diritto Ecclesiastico presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ed Antonio Augenti, professore di Diritto dell’Unione Europea, Libera Università degli Studi “San Pio V” che hanno dibattuto, ciascuno secondo le proprie competenze ed ideologie, l’ancora scottante argomento, affrontato nel libro di Marvasi, delle sempre più numerose “famiglie di fatto”, ossia di quei nuclei fondati non sul tradizionale matrimonio ma sull’affetto, unico vero vincolo che possa tenere insieme una famiglia, e sulla comunione di interessi.

All’interno di questa metafora, sotto cui si cela la mera convivenza, sono incluse comunque varie tipologie di “unioni di fatto” che vanno dalla convivenza sic et simpliciter, a quelle more uxorio, per giungere infine a quelle, assai dibattute ma reali, tra persone dello stesso sesso.

Tommaso Marvasi, pur evidenziando nella prefazione la propria estrazione cattolica e tradizionale in materia di famiglia, ha cercato di riordinare l’arruffata congerie di posizioni sull’argomento accettando e tentando con precise indicazioni giuridiche di suggerire un’eventuale regolamentazione del  fenomeno che, seppur esistente, non ha avuto a tutt’oggi da parte del legislatore un’adeguata attenzione che lo metta allo stesso rango di istituto di diritto (e, forse, non lo sarà mai).

L’interessantissimo dibattito sul tema in questione, infatti, ha rivelato come ancora si sia lontani da un riconoscimento di tali situazioni che sono in netto contrasto con l’articolo 29 della Costituzione che, in merito, recita: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Quasi tutti gli intervenuti hanno così manifestato, in modo più o meno velato, i dubbi sulla convivenza che risulta ancora essere, forse retaggio di cultura cattolica, un’unione di serie B, a completo discapito dei protagonisti ed eventuali figli, rispetto alle famiglie tradizionali di serie A, fondate su matrimoni magari in crisi.

Alla luce di tale ottica, l’importanza del volume di Tommaso Marvasi è, al di là di ogni considerazione giuridica, un violento scossone ad un sistema normativo che vorrebbe, senza poterlo fare, archiviare non il problema ma l’esistenza stessa di un fenomeno in crescita.

Marvasi è nato in Calabria, a Locri 49 anni fa. E’ docente di Diritto Privato presso la Libera Università degli Studi “San Pio V” di Roma. Svolge la propria attività professionale occupandosi principalmente di questioni inerenti il diritto fallimentare, l’ambiente, la legislazione europea e il diritto di famiglia. E’ attualmente membro della Commissione per la Giustizia Europea presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ove partecipa inoltre alla Commissione Problemi dei Minori.

Dopo la conferenza abbiamo avvicinato l’autore del libro “La famiglia di fatto” e gli abbiamo posto qualche domanda.

Domanda – Quale è stato il motivo principale che l’ha spinta a scrivere questo libro?

RispostaLe ragioni del mio interesse sono molteplici. Se dovessi indicare quella principale mi soffermerei sull’ambizione di offrire un contributo per una migliore comprensione del problema, che non mi sembra sia stato pienamente capito dai disegni di legge in essere. Il fenomeno della convivenza è un fatto spontaneo che va regolato in quanto tale. Tentare di inquadralo entro schemi burocratici contribuirebbe solamente a creare un matrimonio di serie “B”, lasciando, comunque, prive di tutele le altre situazioni “di fatto” che non abbiano proceduto alla registrazione.

D – L’Italia, in merito alla famiglia di fatto, quanto è distante dalle norme che regolano tale istituto in altri paesi?

RLa situazione italiana è particolare. Sembra quasi un luogo comune ricordare che a Roma c’è il Papa, ma questa è la verità. L’Unione europea attua sul problema della famiglia una politica lontanissima dal nostro dibattito interno sulla materia. La famiglia è tutelata in quanto tale, senza alcun rilievo al fatto che essa sia fondata sul matrimonio o su una unione di altro tipo, anche di fatto. È certo che l’art. 9 della Carta dei Diritti europei tutela la famiglia in sé, senza fare riferimento al matrimonio.

D – In Europa c’è una nazione che meglio interpreta le aspettative delle famiglie di fatto? E perché?

RÈ difficile rispondere a questa domanda. Certamente ci sono nazioni in Europa in cui la convivenza more uxorio è meglio tutelata ed altre in cui sono regolate e previste unioni di fatto, anche tra omosessuali, come ad esempio in Francia. Non so, peraltro, se ciò significhi essere all’avanguardia o se con questo si siano volute perseguire differenti politiche sociali. Se però guardiamo alla famiglia, intendendo un nucleo familiare composto anche da figli, e non alla mera convivenza tra due persone, si deve rilevare che una delle legislazioni più all’avanguardia, che non prevede alcuna differenziazione tra famiglia legittima e famiglia di fatto per ciò che riguarda la tutela dei minori è proprio la nostra.

D – L’unione civile di una coppia, al di là di ogni regolamentazione, è una realtà basata su sentimenti reciproci che l’hanno generata. Lei non pensa che il volerla ad ogni costo coercizzare ne sminuirebbe l’intrinseco valore?   

R Praticamente ho già risposto alla domanda all’inizio del nostro discorso. Caratteristica essenziale della convivenza è proprio la spontaneità dell’affectio e la necessità di un consenso che deve essere manifestato continuamente, in quanto può essere revocato senza alcuna formalità. Consenso che, si noti, dall’introduzione del divorzio, è necessario anche per il matrimonio: anzi direi che il privilegio degli affetti costituisce proprio l’idea-guida della legge introduttiva del divorzio. È certo che la maggiore libertà di revoca del consenso nella convivenza se da un lato impone una maggiore attenzione, dall’altro lato favorisce una instabilità dell’unione. La convivenza, comunque, è una scelta libera, liberamente attuata. Ribadisco che il tentativo di burocratizzarla è inutile e non risponde alle istanze di chi si trovi in quella situazione.


 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

 

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