Castello di Ruffo  Nicotera (foto Salvatore Mercuri) 
IL CASTELLO DI NICOTERA

testo di Natale Pagano
foto Salvatore Mercuri

 

Il castello di Nicotera, quasi integro, che dall’alto della sua splendida posizione sembra ancora sfidare i saraceni sotto le invalicabili feritoie dell’interessante "citateja" (cittadella), è oggi parzialmente utilizzato a fini esclusivamente culturali.
All’interno delle sue sale non vi abitano più i principi Ruffo di Scilla e Sinopoli signori di Nicotera, tantomeno i suoi attuali proprietari, i signori Murmura, ma è dato ammirare due importanti istituzioni culturali di grande valenza e prestigio regionale, che sono il civico museo archeologico ed il museo provinciale etnografico folkloristico " Raffaele Corso".
Castello Ruffo di Nicotera (foto Salvatore Mercuri)In merito alla costruzione c’è da dire che l’attuale maniero risale alla ristrutturazione terminata nel 1764 ed iniziata nella seconda metà del XV secolo.
Altri lavori vennero eseguiti subito dopo il sisma del 1783 ad opera di Ermenegildo Sintes che in un certo senso hanno reso il castello di dimensioni un po’ ridotte rispetto a quello normanno-svevo-angioino-aragonese; questo perché il principe Ruffo, a parte le difficoltà economiche in cui si trovava, aveva voluto che il nuovo castello non avesse soltanto carattere difensivo militare, ma svolgesse anche il ruolo di sede estiva della sua casata. Una volta completato, il nuovo maniero, è stato munito di un giardino pensile, spaziosi loggiati e splendide terrazze. Motivo per cui l’area in cui insisteva il precedente venne enormemente circoscritta e su quel sito si svilupparono i quartieri "Baglio" e "Rosario".
Il castello di Nicote, pertanto, oggi si presenta nella purezza di linee e nella superba sobrietà di stile voluta da Ermenegildo Sintes, allievo prediletto del Vanvitelli, inviato in Calabria dalla corte borbonica all’indomani del sisma del 1783 per procedere alla ricostruzione delle città più importanti andate distrutte.
Il castello di forma quadilatera con cortile centrale, oggi è mutilo di una torre laterale e di parte del prospetto, andati distrutti col sisma del 1783 e con i moti del 1799.
La facciata principale è caratterrizzata dalle due torri laterali collegate fra loro da un susseguirsi di sette fornici su cui poggia il lungo e stretto terrazzo del piano nobile, vero balcone sul Tirreno.
Tutta la struttura architettonica è impreziosita da elementi granitici e da arredi in ferro battuto.
Dal cortile centrale una piccola porta architravata in pietra granitica di colore grigio, immette in un lungo corridoio dalla volta a botte sul cui limitare si trova una ripida scaletta che conduce ai sotterranei della cittadella.
Al piano nobile si accede da un grande arco che immette in un atrio pavimentato con lastroni in pietra granitica grigia, semplicemente squadrati da cui si diparte lo scalone d’onore degli ampi e bassi gradoni in pietra di granito con cimasa bombata.
La solenne architettura del vano è caratterizzata dalla volte a botte con cornici con cimasa, cornicette e dal continuo alternarsi di lesene e paraste che scandiscono ritmando un piacevole movimento chiaroscurale di grande ed efficiente effetto.
Sul limitare del pianerottolo, un bel portale granitico architravato, con cimana composita ed aggettante, immette nei grandi saloni adibiti a museo del folklore e del grande auditorium, indi un’altra porta di foggia meno preziosa, ma sempre in granito, porta ai piani superiori.
Il resto di questo castello è tutto ancora da scoprire, compresi i cinque passaggi segreti che portavano al mare, verso le montagne ed al Monastero delle Clarisse, le cui abbadesse, per lungo tempo, sono state delle principesse Ruffo.
Il primitivo castello era stato costruito nel 1065 da Roberto il Guiscardo che per motivi militari strategici aveva pensato di ricostruire la città utilizzandovi gli insediamenti ellenistici e la villa romana già esistenti sul colle dell’odierna città.
Nonostante la sua mole, nel 1074 subì la prima distruzione; a ricostruirlo ci pensò il gran conte Ruggero, che aveva ricevuto Nicotera in eredità, motivo per cui, dopo averla dichiarata città regia e demaniale, vi trasferì la domus regia ed i praedia regis; ma nel 1085 ancora una volta venne distrutto.
Un altro assalto richiese ancora una nuova ricostruzione che avvenne nel 1122 ad opera del giovane conte Ruggero.
Sotto Federico II, che riconfermò Nicotera città regia e demaniale, il castello venne ulteriormente ampliato e fortificato secondo i canoni artistici degli svevi.
Un altro ampliamento avvenne al tempo delle lotte contro Manfredi ed in modo consistente sotto gli Angioini in quanto la città divenne centro militare e sede della stessa corte reale.
Questo castello, pieno di fascino, misterioso ed oscuro complesso monumentale, è ancora tutto da leggere e tutto da scoprire. Architettonicamente si presenta molto interessante in quanto la fortunata integrità di tutto l’insieme offre la possibilità di cogliere i canoni ed i metodi di costruzione imperanti in città e nel regno nei secoli XVIII ed anche prima.
Sia le pareti che le volte che abbondano a botte, a crocera ed a vela sono eseguite col solito stile della superficie a scaglie scoperte, stile questo che conferisce al tutto una bellezza composita ed appunto un fascino particolare.
In questo contesto, più che di progettazione integrale del castello da parte del Sintes, è da propendere per quanto attiene all’esterno, per una ripresa dello stile originario, con l’aggiunta del grande cornicione dalla splendida cimasa composita ed aggettante, nel rispetto, quindi, della tipologia originaria.
Per quanto attiene all’interno senz’altro esso andò totalmente modificato, per adeguarlo alle mutate esigenze ed alla nuova destinazione voluta dal principe.
Molte sono state le personalità che nel corso dei secoli furono ospiti di questo castello, fra tutti piace ricordare Papa Urbano II, l’imperatrice Costanza D’Altavilla, San Bruno di Colonia, Gioacchino da Fiore e San Ludovico D’Angiò.

Redazione Tropea e dintorni

 

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