Al Gran Teatro di Roma, il 21 ottobre 2003, è stata presentata Tosca amore disperato

Un work in progress la Tosca di Lucio Dalla

Ha preso il via, senza grande entusiasmo da parte del pubblico presente, la famosa opera di Giacomo Puccini riveduta da Lucio Dalla. Nonostante la superba scenografia e la bravura degli artisti, l’opera lascia molto a desiderare per i bassi livelli cui scade troppo spesso.

 

di Bruna Fiorentino

foto Archivio Trophaeum

 

Roma – Ha finalmente debuttato, dopo una serie di incertezze e di pesanti defezioni (Sabrina Ferilli, Franco Califano, Max Gazzè), al Gran Teatro di Roma, l’atteso musical di Lucio Dalla Tosca amore disperato, una rivisitazione “trasgressiva” dell’opera di Giacomo Puccini.

La prima dello spettacolo è stata presentata dallo stesso Dalla, autore dei testi e delle musiche, che ha voluto sintetizzare la sua opera come un “work in progress”, una sorta di lavoro  incompiuto che ha ancora molto da aggiungere e ritoccare.

In effetti, questa Tosca scivola spesso in tratti cabarettistici, comici, rap o altro che non rendono giustizia alla reale bravura di Dalla il quale nella sua lunghissima e splendida carriera ha creato brani musicali sicuramente degni di essere ricordati.

La rappresentazione si apre con un’incursione rocambolesca di artisti che piovono letteralmente da ogni angolo dell’immenso teatro, tra il pubblico esterrefatto, in maniera inaspettata tra carrucole, corse frenetiche e combattimenti simulando il violento scontro tra le truppe papaline impegnate nel cercare di bloccare la fuga del conte Angelotti e i patrioti della Repubblica Romana.

Segue l’ottima interpretazione vocalica della corista di fiducia di Lucio Dalla, Iskra Menarini, Sidonia nella scena, che su un effetto chiaroscurale di ombre notturne interpreta in maniera impeccabile il motivo trainante Amore disperato, nel CD interpretato da Mina in duetto con Lucio Dalla.

Nonostante la splendida scenografia e coreografia rispettivamente di Italo Grassi e di Daniel Ezralow, le luci di Marco Macrini, le videoproiezionie e le cyber tecnologie di Fabio Iaquone sotto la discutibile regia di Lucio Dalla e Lorenzo Mariani, l’eccentricità dei costumi di Giorgio Armani non convincenti, la pochezza della storia ed i passi a volte blasfemi a volte volgari abbassano di molto il valore anche degli stessi attori. Alcuni artisti presenti sono stati reclutati tra quelli che hanno firmato il successo di Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante. Se qualcuno pensa che questa Tosca potrà eguagliare lo spessore artistico dell’opera di Cocciante, ebbene potrebbe rimanere assai deluso.

Rosalia Misseri, nei panni di Tosca e prima ancora seconda di Lola Ponce nell’Esmeralda di Notre Dame, è sicuramente brava e bella, sinuosa e dalla voce potente, ma il suo ruolo non riesce a decollare e trascinare il pubblico che non si sente polarizzato dalla sua pur impeccabile recitazione.

Il migliore e più convincente del cast si è rivelato, infatti, Vittorio Matteucci (il terribile Frollo di Notre Dame de Paris) che veste i panni del cattivo Scarpia, ministro della polizia pontificia, innamorato di Tosca che lo ucciderà per tentare inutilmente di salvare il suo amante, il pittore Mario Cavaradossi. Quest’ultimo, impersonato da Graziano Galatone (Febo nell’opera di Cocciante), sembra quasi ricoprire un ruolo secondario, come se la storia non fosse incentrata proprio su di lui e sull’amore per Tosca.

L’altro personaggio degno di plauso è Lalo Cibelli (Spoletta), braccio destro del perfido Scarpia entrambi abbigliati con giubbotti stile sado-maso o di reminescenza matrixiana.

Il colpo di scena finale vede un possente angelo nero prendere tra le sue braccia il corpo esamine della bella Tosca, uccisasi dopo la fucilazione di Cavaradossi. L’apparizione dell’angelo dal corpo scultoreo e dall’incerta soavità è, al di là della sorpresa scenica, una mediocre realizzazione di una felice intuizione. Peccato! 

Inoltre l’horror vacui che si coglie sia nelle scene che nelle recitazioni ha spinto la regia a riempire i vuoti con dialoghi spesso infimi e musichette di poco valore artistico che nulla hanno a che vedere con l’indiscutibile estro mondiale del grande Lucio Dalla.

I dubbi sulla reale qualità di Tosca amore disperato sono presenti anche nei due produttori, David Zard e Ferdinando Pinto i quali hanno onestamente manifestato i propri tentennamenti davanti al pubblico della prima romana. Non solo, il celebre Zard, intuendo una discutibile accoglienza da parte della critica, ha esortato la stampa anche a parlarne male “perché porta bene”.   

In sostanza i troppi grandi nomi impiegati per la realizzazione di Tosca amore disperato, il cui costo si aggira sui due milione di euro e nove mesi di lavoro, non riescono ad innalzare il livello qualitativo di questo musical che senza ombra di dubbio non può essere definito un’opera  d’arte destinata a cavalcare la scena teatrale per molto tempo.


 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

 

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