Fede e dintorni

Il carabiniere che offrì la sua vita

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Il carabiniere che offrì la sua vita.

– Salvo D’Acquisto, carabiniere d’Italia (1920-1943), una vita forgiata nella fede, donò la sua vita per salvare 22 prigionieri dalla rappresaglia tedesca.
– Sono passati cento anni dalla sua nascita, mentre prosegue la causa di beatificazione e le tante celebrazioni militari e religiose ricordano il suo estremo sacrificio.
– E’ medaglia d’oro al valor militare: una onorificenza dell’umana società. Nelle parole di Gesù troviamo la sua santificazione: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Gv 15,13-14).
– Egli forse non conosceva di persona gli sventurati rastrellati a caso dai soldati, ma li sentì suoi amici perché erano nel pericolo. – Strano il nostro mondo! C’è chi toglie la vita all’altro per odio o per presunta giustizia e chi invece dona la sua vita perché l’altro possa continuare a vivere. A vivere nella gratitudine verso chi lo ha salvato, anche se non c’è più. Anche noi abbiamo il debito di gratitudine verso Dio che ci ha tanto amato da donare il suo Figlio, anche se noi lo vediamo con i nostri occhi.

♦ «Beato quel popolo che non ha bisogno di eroi»: le avrà dette pure il grande Bertold Brecht queste parole, ma pare difficile non fare memoria di quelli che sono arrivati a sacrificare la vita. Sarà anche retorica e tuttavia non si tratta solo di icone consacrate dal popolo, dalla storia, dalla letteratura, dal cinema… né oggi di statue silenti.
♦ Perché il ricordo degli eroi lega il passato al presente, trasforma il loro culto in motivo di speranza per il futuro. E sono poche le società dove non hanno un ruolo, magari insieme a quello dei santi. Già, santi ed eroi. Che talora possono sovrapporsi e coincidere.

L’eroe.
♦ Del vice brigadiere dei Carabinieri Salvo d’Acquisto il 15 ottobre è ricorso il centenario della nascita, che è stato occasione di mostre, incontri, celebrazioni laiche e religiose, cerimonie militari, qua e là per l’Italia. Specialmente a Torre Perla di Palidoro, litorale romano, luogo del suo sacrificio.
«Non solo un luogo di commemorazione ma luogo di riflessione rivolto al domani» – ha detto il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, descrivendo quest’ambiente. – Qui il ventitreenne D’Acquisto diede la sua vita in cambio di quella di ventidue civili brutalmente rastrellati. Le linee del suo ritratto di eroe sono sintetizzate nel suo foglio matricolare dove si legge che «il 23 settembre 1943 venne fucilato dai tedeschi in località Torre di Palidoro ».
Le righe che motivano la medaglia d’Oro al Valor Militare attribuitagli precisano «sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, erano stati condotti dalle orde naziste 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, non esitava a dichiararsi unico responsabile d’un presunto attentato contro le forze armate tedesche».
Per questo motivo era stato crivellato di colpi: «morto da eroe, impassibile di fronte alla morte», si legge in rapporto riservato successivo che attinge a testimonianze locali raccolte la sera dell’esecuzione.
Sin qui dunque l’eroe. Per giunta l’eroe morto disarmato invece che con le armi in pugno.

E il santo?
♦ La questione della santità. Il 23 settembre 1983, quarantesimo anniversario della morte, l’allora ordinario militare Gaetano Bonicelli, oggi vescovo novantacinquenne, disse: «Salvo D’Acquisto ha fatto il suo dovere in grado eroico, ben oltre quello che il regolamento gli chiedeva.
♦ Ma perché l’ha fatto? Forse, in quel momento tragico, gli sono risuonate nel cuore le parole di Cristo: “non c’è amore più grande che dare la vita per chi si ama”.
Ma anche se la memoria del testo evangelico non l’ha aiutato, la forte educazione cristiana ricevuta in famiglia e nella scuola gli ha fatto cogliere l’essenziale del Vangelo …».
♦ Parole con le quali il presule avviava la causa di canonizzazione di quel giovane autore di un gesto da martire, che come afferma oggi anche il fratello Alessandro ebbe certo presente l’onore dell’Arma, la fedeltà alla patria, ma pure si abbandonò a Dio che quel “giorno di amore supremo” attinse in un campo dove aveva seminato.
♦ Una semina iniziata in famiglia, nelle scuole e negli ambienti religiosi, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, poi dei Gesuiti e dei Salesiani, frequentati sin dall’infanzia e dall’adolescenza. Qui affiora la prima educazione non sfuggita nella documentazione per la causa di beatificazione svoltasi presso l’Ordinariato militare d’Italia, con un supplemento d’inchiesta nella diocesi di Napoli, dal 1983 al 1991, mentre nel 1999 si è resa necessaria una nuova inchiesta per indagare la possibilità del martirio (come per Massimiliano Kolbe).
Da tempo se ne attendono notizie. La causa va avanti, ma avvolta da un riserbo che il postulatore don Giuseppe Praticò vuole mantenere.  Come in casi analoghi, sembra più di una la strada percorribile per accompagnare Salvo D’Acquisto verso gli altari.

Giovanni Paolo II.
Di Salvo D’Acquisto, le cui spoglie riposano nella Basilica di S. Chiara a Napoli dal 1986, resta chiara la sintesi fatta da Giovanni Paolo II: «Ha saputo testimoniare la fedeltà a Cristo e ai fratelli. Ecco perché può definirsi un santo che ha contribuito per costruire la civiltà dell’amore e della verità».

(fonte: Avvenire.it, mercoledì 14 ottobre 2020).

Salvo D’Acquisto, carabiniere d’Italia (1920-1943), una vita forgiata nella fede, donò la sua vita per salvare 22 prigionieri dalla rappresaglia tedesca. Sono passati cento anni dalla sua nascita, mentre prosegue la causa di beatificazione e le tante celebrazioni militari e religiose ricordano il suo estremo sacrificio. E’ medaglia d’oro al valor militare: una onorificenza dell’umana società. Nelle parole di Gesù troviamo la sua santificazione: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Gv 15,13-14). Egli forse non conosceva di persona gli sventurati rastrellati a caso dai soldati, ma li sentì suoi amici perché erano nel pericolo. «Ha saputo testimoniare la fedeltà a Cristo e ai fratelli. Ecco perché può definirsi un santo che ha contribuito per costruire la civiltà dell’amore e della verità». (Giovanni Paolo II).

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