Attualità

La bisaccia del pellegrino 18-2012

Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano

Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana

 

Aprile-Maggio 2012, prima settimana: 29 aprile-5 maggio  

1. Vangelo della domenica 29 aprile –  « Il buon pastore dà la propria vita per le pecore ».
2. Aspetti della vita  – Le Vocazioni, dono di Dio.
3. Un incontro con S. Alfonso – « Se povero e nudo entrò in Diocesi, nudo e povero anche ne uscì…».
4. Vivere la settimana con la liturgia =  30 aprile-5 maggio 2012.
5. Curiosità calabresi del passato  =  La festa della croce in Tropea.

1. Vangelo della domenica –  (Gv 10,11-18)
Il buon pastore dà la propria vita per le pecore.

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

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Gesù è il dono del Padre. – Chi è veramente Gesù? Niente come l’antitesi tra il Buon Pastore e il mercenario ce lo fa capire. In cosa si differenziano radicalmente le due figure?
Non certo per il ruolo che, all’apparenza, sembra il medesimo. Li oppone e li divide la natura intima del rapporto con le pecore: la non appartenenza per il mercenario e l’appartenenza per il pastore. Se le pecore non ti appartengono te ne vai quando arriva il lupo e le lasci alla sua mercé.
Se sei un mercenario non t’importa delle pecore e non ti importa perché non le conosci. Non le conosci “per esperienza”, non le conosci per amore: esse non sono tue.
E da che cosa si vede se sono tue? Che dai la vita per loro. Gesù dà la vita per noi. È lui che ce la dà, tiene a precisare, nessuno gliela toglie. Lui, solo lui, ha il potere di offrire la sua vita e di riprenderla di nuovo. In questo sta la sua autorevolezza, nel potere dell’impotenza, a cui Dio nella morte si è volontariamente esposto.

Gli uomini possono seguire Gesù solo in forza di questa sua autorevolezza. Per essa ne conoscono la voce, subiscono il fascino della sua Presenza, si dispongono alla sequela. Solo nel vivere questa appartenenza il cristiano diventa a sua volta autorevole, cioè capace di incontrare l’altro, di amarlo e di dar la sua vita per lui. L’appartenenza fa essere eco fragile e tenace della sua Presenza e suscita la nostalgia di poterlo incontrare. (La Chiesa.it). 

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«E ho altre pecore… anche quelle io devo guidare» – Ciò che differenzia il buon pastore dal mercenario è dare la vita per le pecore (Vangelo). Se l’immagine del pastore è frequente nel Primo Testamento, per parlare di Dio e di coloro ai quali affida il suo popolo, mai si parla di un pastore che offre la vita per le pecore. È questo gesto a fare di Gesù il vero pastore, diverso da tutti gli altri.
Come Giovanni afferma con l’uso del verbo ‘conoscere’, Gesù nutre verso le pecore lo stesso amore che lo lega al Padre. Il Padre ama il Figlio e gli chiede, per corrispondere a questo amore, di amare le pecore allo stesso modo! Solo fissando lo sguardo su Gesù possiamo vedere «quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio» (II Lettura).
Affermare, come Pietro negli Atti (I Lettura) che quello di Gesù è l’unico Nome nel quale troviamo salvezza, vuol dire riconoscere che solo questo amore, che si esprime nel dono della vita, può liberarci dal male e condurci alla vera felicità. Essere figli di Dio, così Giovanni, significa divenire simili a lui. Donandoci la vita, il pastore buono ci comunica la sua stessa capacità di amare, fondamento di una vita felice. (Fr. Luca Fallica, in “La Domenica”). 

 2. Aspetti della vita: Le Vocazioni, dono di Dio.
Giornata mondiale di preghiera per le Vocazioni

«Rispondere all’amore si può» –  Nella 4a domenica di Pasqua, “domenica del Buon Pastore”, si celebra la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, proposta alla Chiesa universale, con profetica intuizione, da papa Paolo VI nel 1964.
Il tema che Benedetto XVI propone in questa giornata alla riflessione e alla preghiera delle comunità cristiane è: “Le vocazioni dono della carità di Dio” (Deus caritas est, n. 17).
Ciò significa riscoprire la gratuità del dono di ogni vocazione e di ogni chiamata a vivere la propria vita nel segno della Beatitudine e dell’Amore, in continuità con quanto afferma Gesù nel vangelo di Matteo: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8b).
Lo slogan scelto dal Centro Nazionale Vocazioni della Conferenza Episcopale Italiana, si propone come invito a vivere con creatività, responsabilità e fedeltà la propria vocazione: «Rispondere all’Amore si può»*. È un grande inno all’amore, che riecheggia in tante pagine bibliche, e che si esprime nelle due grandi espressioni e modalità dell’amare: la vita di coppia e la verginità donata nel ministero ordinato del Sacerdote o nella Vita consacrata. Sono due espressioni dell’Amore che si innestano sullo stesso tronco dalle radici profonde, che attingono fecondità dalla sorgente viva che è Gesù, e come due rami fioriti si librano in alto per cercare gli spazi infiniti del Cielo
(Don Nico Dal Molin, Direttore Centro Nazionale Vocazioni).

 Video-testimonianza per la giornata mondiale delle vocazioni (multilingue).

 Una preghiera per restare vigili
Signore, rendici attenti alla tua voce, non vorremmo rimanere disorientati da chi non ci conduce sui pascoli della vera vita. Sappiamo che ci ami e ci conosci in profondità. Gesù, prenditi cura di noi, proteggici. Sei la porta attraverso la quale entriamo ancora una volta, rinnovando le buone intenzioni del nostro cuore e la nostra fedeltà al tuo amore. (Lucia Giallorenzo).

3. Un incontro con S. Alfonso
Se povero e nudo entrò in Diocesi, nudo e povero anche ne uscì…
La mattina del 27 luglio, mentre il suo palazzo e perfino la sua camera venivano saccheggiati, per devozione, di quanto gli era appartenuto, Alfonso salì in carrozza insieme a Villani, circondato da tutto il popolo in lacrime: clero, notabili e povera gente. Benedisse tutti commosso e partì, portando con sé quale unica ricchezza il saccone e la poltrona di malato.
Così il Tannoia ricorda i particolari: “Se povero e nudo entrò in Diocesi, nudo e povero anche ne uscì. Quello, tra l’altro, che fe’ piangere gli astanti, fu il vedersi richiesti dal venerando Vecchio, come per limosina, il suo misero strapuntino su cui dormiva di notte, e la sedia ove di giorno ne gemeva”.
Canonici, sacerdoti e gentiluomini si sentirono in dovere di accompagnarlo, ma egli li supplicò di non farlo e a Cancello rimandò gli ostinali dicendo: “ La vostra presenza non fa che accrescere la mia pena ”. A mezzogiorno si fermò per la messa e il pranzo nel seminario di Nola e un cieco, Michele Menichino Brancia, venuto a chiedergli la benedizione, ottenne con questa la vista.

L’accoglienza festosa in Nocera dei Pagani.
Continua il Tannoia: “Come fu in carozza, ripigliò subito col P. Villani la recita del S. Rosario… Giunto in Nocera, Monsignor Sanfelice, che altamente lo stimava, volle, che da tutte le Chiese ricevuto si fosse col festoso suono delle campane. Grande fu l’allegrezza de’ Paganesi, vedendolo di nuovo tra di loro. Piangevasi per tenerezza, vedendosi verificata la promessa, che tredici anni addietro, partendo per S. Agata, aveva lor fatta di voler venire a morire tra di loro”.
Gloria Patri… questa croce qui è divenuta leggiera! ”, furono le prime parole del Santo; quindi, prostratosi dinanzi al SS. Sacramento: “ Dio mio vi ringrazio, perché mi avete tolto da sopra un sì gran peso. Gesù Cristo mio, non ne potevo più! ”.
Queste parole ascoltate dai più vicini, si perdettero nel giubilo del Te Deum intonato dalla comunità.

Con lui da S. Agata erano venuti il fratello redentorista Francesco Romito, che continuerà il suo ufficio di lettore, segretario, infermiere e gestore, e il fedele Alessio Pollio.
Quest’ultimo, vedovo dal 1770 a 28 anni e con due bambine (poi diventate una redentorista e l’altra sposa) si farà fratello redentorista, restando sempre il commesso, il cocchiere, il “ cameriere ” insostituibile, affezionato e di fiducia del grande infermo.
Romito sarà sempre più l’altra stampella di monsignore. Impossibile farsi un’idea precisa del lavoro che si abbatteva sul segretario di quel “ mostro ” di lavoro che nessuna fatica riusciva a fermare.
Don Felice Verzella, il segretario che nel 1772 aveva dovuto rinunziare  al suo incarico per motivi di salute, fa sapere che uomini di dottrina si erano rivolti a Mons. de Liguori per pareri teologici o morali: dalla Sicilia, da Mantova, Lucca, Venezia, Roma e i suoi Stati, Bologna, Ferrara, ecc.; altri gli chiedevano consigli spirituali o gli esponevano un problema di coscienza. Tra i corrispondenti abituali, segnalati dal Verzella, si contavano 10 principi, di cui 3 appartenenti al Consiglio di Stato, 17 vescovi, 13 cardinali; preti, religiosi, monache, baroni di tutte le province del Regno; gente umile, come quel caporale di Camerino al quale il vescovo sembrava più attento che a chiunque altro…
(estratto dalle biografie del Tannoia e dal Rey-Memet).

 

4. Vivere la settimana con la liturgia = IV Settimana di Pasqua
(30 aprile- 5 maggio) Liturgia delle Ore: IV Settimana con parti proprie. 

30  aprile  (lunedì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi = L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente. – È Cristo la porta delle pecore. Chi passa attraverso di lui, sarà ascoltato e porterà vita abbondante in tutta la Chiesa.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 11,1-18; Salmo 41,2-3 e 42,3-4; Giovanni 10,1-10.
  • – Santi di oggi  =  San Pio V, San Giuseppe B. Cottolengo; Santa Sofia. 

1  maggio  (martedì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  = Rendi salda, Signore, l’opera delle nostre mani. – Il figlio del falegname e di Maria viene accolto con incredulità nel suo villaggio d’origine. Solo chi non si ferma alle apparenze è in grado di cogliere la potenza dell’annuncio nuovo di Gesù.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Colossesi 3,14-15.17.23-24; Salmo 89,2-4.12-14.16; Matteo 13,54-58.
  • – Santi di oggi  =  San Giuseppe lavoratore, San Pellegrino; San Riccardo Pampuri.

2  maggio  (mercoledì) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  – Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti. – Ecco perché il Figlio è venuto nel mondo: salvare, illuminare, comunicare agli uomini le parole ricevute dal Padre.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 12,24 – 13,5; Salmo 66,2-3.5.6.8; Giovanni 12,44-50.
  • – Santi di oggi  =  Sant’Atanasio, vescovo e dottore della Chiesa. Sant’Antonino da Firenze.

3  maggio  (giovedì)  –  Colore liturgico rosso.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi =  Per tutta la terra si diffonde il loro annuncio. – Come Mosé, che voleva vedere la gloria di Dio, Filippo chiede a Gesù di mostrare Dio-Padre: chi vede il Figlio e le sue opere, ha davvero visto anche il Padre!
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = 1Corinti 15,1-8a; Salmo 18, 2-5; Giovanni 14,6-14.
  • – Santi di oggi  =  Santi Filippo e Giacomo, apostoli.  Beato Edoardo G. Rosaz.

4  maggio  (venerdì) – Colore liturgico bianco. – primo venerdì.

  • – Pensiero dalle letture bibliche di oggi  = Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato. – Per Gesù Cristo al Padre dei cieli: ecco la via maestra per raggiungere con sicurezza il posto che il Risorto è già andato a prepararci.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  =   Atti 13,26-33; Salmo 2,6-11; Giovanni 14,1-6..
  • – Santi di oggi  =  Sant’Antonina; San Floriano; Santi Silvano e c.

5  maggio  (sabato) – Colore liturgico bianco.

  • Pensiero dalle letture bibliche di oggi  =  Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. – Il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio: ecco la verità da accogliere, per ricevere la vita stessa di Dio e mettersi in grado di compiere opere nuove.
  • – Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 13,44-52; Salmo 97,1-4; Giovanni 14,7-14..
  • – Santi di oggi  = San Gottardo; Beato Nunzio Sulprizio; Beata Caterina Cittadini.

5. Curiosità calabresi del passato
La festa della croce in Tropea

Nel piccolo sobborgo della città di Tropea esisteva nei tempi andati un’umile chiesetta di forma cilindrica, che, a vederla, dava l’idea d’una piccola torre. Essa aveva tre porte e sull’unico altare vi erano disposte tre croci in legno: una in mezzo e due piccole ai lati.
A questi simboli della nostra religione i borghigiani, da tempo immemorabile, prestano un fervido culto ed ogn’anno, in ricorrenza dell’invenzione della Croce. La su detta chiesetta, già scossa e lesionata dai terremoti, crollò in seguito ad un violento uragano, avvenuto nel 1875.
I borghigiani allora, rimosse le macerie, recuperarono le Croci e le portarono presso la Chiesa del Purgatorio a Porta Nova. In seguito, sul muro d’una casa, prospiciente alla diruta chiesetta, fecero costruire un’edicola (localmente detta Conula) in cui vi posero un quadretto ad olio, raffigurante la Pietà e continuarono a celebrare annualmente la tradizionale festa, la quale si svolge sempre nel modo seguente.

La mattina del 3 Maggio i borghigiani a ciò preposti  parano l’edicola con drappi di vario colore e vasi con fiori freschi. A pochi passi dall’edicola un pirotecnico pianta i pali per le girandole e situa fra due balconi di rimpetto la funicella, su cui dovrà scorrere una colombina (detta ‘a palumba). Poco più in là appende, fra due balconi, una galera dal corbame di canna e dal fasciame di carta velina variamente colorata, armata di artiglierie, consistenti in razzi e bombe.
Comincia ad echeggiare il seguente ritornello d’una canzoncina spirituale: Viva la Cruci. – La Cruci viva.  – Viva la Cruci  – E cui l’esaltò.
L’inizio della festa avviene qualche ora dopo il tramonto, con l’intervento della musica cittadina. Cominciano i fuochi d’artificio, mentre la musica suona ed in segno di giubilo vengono lanciati nel cielo limpido degli aerostati di carta velina. Ad un certo momento ecco che appare il fuochista al balcone, sul cui verone sta fissato uno dei capi della funicella, che sorregge la colombina, e con una miccia le dà fuoco. Subito essa si parte veloce, lasciando sul suo passaggio come una scia di scintille, raggiunge il balcone opposto e, dopo un istante di sosta, fa ritorno al punto di partenza, mentre la galera, agitata lievemente dalla brezza serotina, s’incendia.
Non si è ancora diradato il fumo del falò che si ode suonare da un tamburino, accompagnato dalla grancassa, la cosiddetta carricatumbula e poi si vede apparire ballando, saltando e facendo tante piroette, il camiuzzu di focu, il quale consiste in uno scheletro di cavallo fatto con liste di canna, su cui sono variamente disposi razzi e bengaline che fischiano, petardi che esplodono ed al posto della coda vi è situata una piccola girandola, la quale contribuisce a dare a questo strano animale un aspetto fantastico. A questo grazioso spettacolo non mancano le risate sonore e  le grida della folla.
Col ballo del camiuzzu finisce la festa ed i borghigiani lieti e soddisfatti rincasano e non vanno a dormire se prima non abbiano mangiato tre fichi secchi (detti ‘i fica d’a cruci), perché la credenza popolare vuole che chi non cura far ciò qualche giorno potrà essere mangiatu d’i zampagghjuni, ossia punto dalle vespe.
(Cf. Giuseppe Chiapparo, Etnografia di Tropea – Scritti demologici e storici. pp. 91 ss.)

 

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