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Nesci: “Ecco perché Letta: le ambiguità e la strategia”

“Il Presidente non è più in scadenza e può dunque imporsi. I partiti devono tacere”

“L’ultima volta che i partiti proclamarono spirito etico e responsabilità seguirono i salassi delle tasse, i guai degli esodati”

Enrico Letta
Enrico Letta

Enrico Letta deve formare il nuovo governo. Ha ricevuto un incarico pieno, passato dalla rielezione di Giorgio Napolitano. A Pierluigi Bersani andò diversamente, ma da principio. Infatti, ebbe un mandato esplorativo; poi finì come sappiamo, comprese le vicende di Franco Marini e Romano Prodi per il Colle.
Oggi il Presidente della Repubblica non è più in scadenza e può dunque imporsi. I partiti devono tacere: il Pd, lanciato al governo dal premio di maggioranza alla Camera; il Pdl, il quale protegge Berlusconi da cui dipende; Casini e Monti spiazzati dai numeri del loro centro liberale, di tecnici presto politici. Tutti pronti a sedere, sembra di intuire, secondo un principio ecumenico e, s’intende, per il bene e l’interesse del Paese. Naturalmente, come dichiarato da Letta, con l’immancabile, prezioso e istituzionale «senso di responsabilità».
L’ultima volta che i partiti proclamarono spirito etico e responsabilità seguirono i salassi delle tasse, i guai degli esodati, il pareggio di bilancio in Costituzione e, purtroppo, i suicidi di capifamiglia, imprenditori e disperati. Allora, sotto la reggenza di Monti, la responsabilità, quella delle azioni, delle scelte, era in capo a un governo esterno, di emergenza, promosso da Napolitano. Oggi, nell’emergenza – che riguarda pure l’ingresso del Movimento Cinque Stelle nei palazzi delle leggi, non sia mai che abbiano l’esecutivo! – la responsabilità è, per così dire, spalmata, condivisa; con il che tutti possono rispondere a diktat esterni al Paese, senza che qualcuno ne riceva nocumento politico.
In questo quadro, la figura di Letta junior è centrale e s’incastra perfettamente nel formidabile puzzle dai tanti apparenti colori che le vecchie forze politiche compongono da un anno buono, sotto la regia del Presidente della Repubblica.
Per un’idea estemporanea su Letta il giovane, dovremmo ricordare che alla Camera votò contro la moratoria sul nucleare e per il pareggio di bilancio in Costituzione. Ancora, fu assente al voto riguardo al trattato sul Fiscal Compact, assente al voto sulla partecipazione italiana alla missione militare in Siria, assente al voto sul Mercato europeo di stabilità.
Da qui, ne deriverebbe un profilo ben preciso, una collocazione chiara, proprio per le riferite ambiguità, non priva di spunti critici. Sarebbe facile attaccare politicamente Letta, che Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, accusò d’aver ricevuto soldi del partito, benché ciò non abbia avuto, preciso, alcun seguito penale.
Letta, di là dalla parentela con il berlusconiano Gianni, omonimo, ha una storia, un’identità post-democristiana, maturata in tutt’altro scenario rispetto all’epoca dello scontro Usa-Urss, della collaborazione politica di Napolitano con la destra liberale filoamericana.
Letta è un eccezionale anello di congiunzione tra portatori di messaggi politici contrapposti, riuniti da interessi pratici, spiccioli, e dall’accordo tra i grandi poteri economici italiani. Quindi il punto vero è che, con lui a capo del governo, l’apparato politico potrà consolidarsi ancora, piuttosto che parlare ai cittadini e tradurne i bisogni concreti, sempre più urgenti.

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