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Alla riscoperta del museo di Parghelia

Riaperto dopo dieci anni, è stato curato dall’architetto Calzona con l’ausilio di esperti

Il professore Campennì: «il museo restituisce una spia di quella che era l’identità della comunità. Parghelia nel Settecento e nell’Ottocento era un paese di marinai, ma marinai per ragioni di commercio, quindi “negozianti”»

Riaperto dopo dieci anni, è stato curato dall’architetto Calzona con l’ausilio di esperti

Curato dall’architetto Enzo Calzona e da Don Giuseppe Florio, con la collaborazione di Don Giuseppe Vitaliano, della professoressa Rosa Bagnato e del professore Francesco Campennì, e con il supporto della dottoressa Silvana Iannelli e dell’architetto Oreste Sergi, il museo parrocchiale di Parghelia è un patrimonio collegato al culto della Madonna di Portosalvo, al mare e alla marineria.
Inaugurato nell’agosto del 2006 con la collaborazione dell’Amministrazione comunale, il museo è stato riaperto nel dicembre 2016. Al suo interno si possono ammirare quadri ex-voto per grazia ricevuta delle famiglie di Parghelia, alcune statue a soggetto religioso, un Morione crestato (il simbolo del museo), l’elmo di un soldato della Prima guerra mondiale, oltre a preziosi oggetti sacri, argenteria e antichi paramenti liturgici.
«Stiamo inoltre curando una sezione dedicata agli oggetti che i marinai portavano a Parghelia dai quattro angoli della Terra, e un’altra sezione relativa alle foto della processione della Madonna di Portosalvo di tutto il secolo scorso fino ai giorni nostri» ha detto l’architetto Calzona, che ha anche ricordato il ricchissimo patrimonio di Parati da riclassificare: «Sono stati esposti solo alcuni Parati, in particolare il Parato in terzo ottocentesco, usato durante la festa della Madonna fino agli anni trenta del secolo scorso».
Il professore Francesco Campennì nel suo intervento ha inoltre ricordato la piccola sezione del museo dedicata alle coperte di cotone, «che non solo venivano esportate ma costituivano una componente delle doti delle fanciulle di Parghelia. Fonti statistiche di metà Ottocento – ha spiegato Campennì – citano la Calabria, e in particolare il territorio di Tropea e Parghelia, come quello dove si produceva la maggior quantità di cotone».
Il museo, secondo quanto ha spiegato lo studioso Campennì «restituisce una spia di quella che era l’identità della comunità. Parghelia nel Settecento e nell’Ottocento era un paese di marinai, ma marinai per ragioni di commercio, quindi “negozianti”, termine che si usava ancora nell’Ottocento. Il museo come pure la chiesa mostrano tutte quelle che erano le committenze artistiche di alto pregio che vennero commissionate da questi negozianti di Parghelia e testimoniano inoltre l’ampio raggio delle rotte commerciali dei marinai di Parghelia. Negli ex-voto leggiamo di località che descrivono rotte atlantiche: l’Africa atlantica, l’Europa atlantica l’America meridionale, le Antille e il mare del Nord. Si tratta di commerci su lunghe distanze e i negozianti di Parghelia esportavano prodotti locali e importavano i generi coloniali attraverso i porti francesi, in primo luogo Marsiglia. Tra le storie raccontate dagli oggetti – molti furono donati da famiglie di mercanti – figurano i nomi di Ottaviani e Mazzitelli, due famiglie che avevano la loro casa commerciale a Messina e una filiale stabile a Marsiglia».

Di seguito il video realizzato nel museo. La voce fuori campo è del curatore della mostra, Enzo Calzona, nel giorno della riapertura ufficiale (17/12/2016).

Francesco Marmorato

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Redazione
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