Cattolici rifugiati in Giappone

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

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Cattolici rifugiati in Giappone.

Siamo così alle prese con i nostri problemi e con i nostri “immigrati” e/o “rifugiati”, che neanche ci accorgiamo di quanto avviene “normalmente” negli altri Paesi, a meno che non succedono fatti gravissimi, come la ricolta degli afroamericani contro i poliziotti dal grilletto facile e storie simili. Poi puntualmente interviene qualche disastro o attentato che occupa tutta la scena e catalizza tutta l’attenzione. – La situazione di “rifugiati” cattolici in Giappone comincia ad essere una realtà degna di uscire dall’anonimato. 

Gli immigrati in Giappone tengono viva la Chiesa locale; funziona il Centro di accoglienza per migranti e rifugiati messo in piedi dall’arcidiocesi di Tokyo, ma essere cattolici resta sempre un lavoro usurante.
Jon ha quarantadue anni viene dal Congo. Indossa una giacca mimetica e dei jeans, se ne sta seduto su una sedia al centro della sala dove un’anziana signora va apparecchiando diversi tavoli per il pranzo.
Ci troviamo nel Ctic di Tokyo a Komagome sulla Yamanote Line. Il Centro di accoglienza per migranti e rifugiati messo in piedi dall’arcidiocesi di Tokyo.
Il centro è stato fondato nel 1990 per commemorare i cento anni dell’arcidiocesi, con lo scopo di dare appoggio a quei migranti che arrivano nel Sol Levante.
♦ Jon, solo qualche mese fa lavorava come agente di dogana sul confine tra Congo e Rwanda ed è qui con la speranza di venire accolto come rifugiato politico: «Quello è uno dei confini più pericolosi al mondo!», dice lui, riferendosi alla sua passata professione che lo vedeva sulla linea di confine tra i due Paesi africani che ormai da anni vivono una situazione politica delle più turbolente.
♦ Jon ha quel viso scavato e invecchiato velocemente che pare davvero uscito da una guerra. E come ogni reduce con la memoria fresca sugli eventi ha poca voglia di parlare del passato recente. È qui da cinque mesi e ora sta imparando il giapponese.
♦ Il Governo gli mette a disposizione un alloggio e una quota per vivere, ma il percorso per ottenere lo status di rifugiato è lungo e difficile.
«La situazione politica? Non c’è sicurezza nel mio Paese! Tu provi anche solo a criticare il Governo in carica e il giorno dopo ti vengono a prendere in cinque con la divisa militare e di te non se ne sa più niente!», dice a gran voce, con quella rabbia un po’ disperata di chi sa bene che non bastano cento interviste e reportage a raccontare certi problemi.
Il futuro dei rifugiati qui nella terra del Sol Levante è sempre incerto: il centro Ctic mette a loro disposizione classi gratuite di giapponese tre volte a settimana. Il Governo è estremamente avaro nel concedere permessi di lavoro a chi fa domanda da rifugiato. Per cui le centinaia di rifugiati che passano per il Ctic si trovano solitamente in un limbo di “sicurezza” rispetto al mondo devastato dal quale provengono ma con poche speranze di regolarizzare il loro status attuale.
(fonte: Osservatore Romano, 15 aprile 2016).

Il futuro dei rifugiati nella terra del Sol Levante è sempre incerto: il centro Ctic mette a loro disposizione classi gratuite di giapponese tre volte a settimana. Il Governo è estremamente avaro nel concedere permessi di lavoro a chi fa domanda da rifugiato. Per cui le centinaia di rifugiati che passano per il Ctic si trovano solitamente in un limbo di “sicurezza” rispetto al mondo devastato dal quale provengono ma con poche speranze di regolarizzare il loro status attuale.
Il futuro dei rifugiati nella terra del Sol Levante è sempre incerto: il centro Ctic mette a loro disposizione classi gratuite di giapponese tre volte a settimana. Il Governo è estremamente avaro nel concedere permessi di lavoro a chi fa domanda da rifugiato. Per cui le centinaia di rifugiati che passano per il Ctic si trovano solitamente in un limbo di “sicurezza” rispetto al mondo devastato dal quale provengono ma con poche speranze di regolarizzare il loro status attuale.

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