Sport e Tempo libero

Intervista a mister Michele Rombolà

RISPETTO, STIMA, FIDUCIA: I VALORI VINCENTI DEL CALCIO

Una chiacchierata con l’allenatore dei giovanissimi dell’ASD Academy di Parghelia

L’ASD Academy presieduta da Domenico La Torre è una realtà che ormai da anni si occupa di calcio nel comprensorio della costa. La società, guidata dal Direttore sportivo Mimmo Farfaglia, organizza corsi destinati a tutte le fasce di età, partendo dai primi calci, allenati dal tecnico Lello Filardo, proseguendo con i pulcini, affidati a Katia Barini e Francesco Meligrana, il quale si occupa anche degli esordienti, i giovanissimi di mister Michele Rombolà e infine gli allievi dell’allenatore Tommaso Belvedere.

Ci siamo più volte occupati delle varie associazioni sportive del territorio, ma questa volta vogliamo fare una chiacchierata proprio con uno dei tanti protagonisti di questa bella realtà, che viene da Brattirò e si occupa di calcio a vari livelli da sempre: “da mezzo secolo”, afferma sorridendo accettando di parlarci della sua esperienza.

Si tratta di Michele Rombolà, allenatore della categoria giovanissimi, e abbiamo scelto di intervistare proprio lui perché, nel suo piccolo, è riuscito in un vero e proprio miracolo sportivo quest’anno, andando ad allestire una squadra di tutto rispetto in una situazione che, almeno in partenza, sembrava avere poche speranze.

 

L’allenatore Michele Rombolà

Mister Rombolà, ci racconta come mai ha deciso di sposare il progetto dell’ASD Academy?

Il motivo è semplice: la fiducia ultraventennale e il rispetto che ho nei confronti del DS Mimmo Farfaglia, con il quale avevo precedentemente lavorato alla Scuola Calcio dell’US Drapia. Il rispetto, sottolineo, perchè credo stia alla base di tutti i rapporti sani. Con lui e con “Zio” Cosmo Romano, che voglio ricordare, avevamo creato e portato avanti una squadra capace di emozionare i ragazzi e tutto l’ambiente. Ed è proprio di questo tipo di emozioni che persone come me hanno un continuo bisogno. Accanto a questa figura importante, mi è piaciuto anche il resto dell’ambiente, davvero serio e ideale per la crescita dei giovani, creato da persone che reputo esperte e competenti nel settore calcistico.

 

Abbiamo scelto di parlare con lei perché, a inizio stagione sportiva, quella dei giovanissimi sembrava l’unica categoria che rischiava di non poter partecipare al campionato, e invece?

E invece, siamo riusciti a creare un clima entusiasmante che ci ha permesso di “fare la squadra”. Ricordo che i ragazzi del gruppo iniziale erano soltanto 8, provenienti da Tropea, Santa Domenica, Parghelia e Gasponi. Ma in 8 il campionato rimane un sogno. Ti servono almeno 15 elementi per poter iscrivere la squadra al torneo. Per farla breve, nonostante questa premessa, non ci siamo scoraggiati e abbiamo voluto credere di poter avere anche noi una possibilità. Nello sport, del resto, bisogna fare così! Dopo due mesi di lavoro si è iniziata probabilmente a spargere la voce e, grazie anche al passaparola tra amici e familiari dei ragazzi, sono venuti a far parte della nostra squadra altri giovani calciatori di Briatico, Zambrone, San Giovanni e Zungri. Sapevano di essere indietro di 2 mesi con la preparazione e che avrebbero dovuto vedersela con squadre che stavano affilando le armi già da ottobre, ma non si sono scoraggiati, anzi! Siamo partiti con una rosa incompleta, cercando di compensare ad alcuni ruoli scoperti con il duro lavoro di tutti, condito dall’entusiasmo che solo a questa età i giovani sanno tirar fuori. A gennaio la squadra è cresciuta ancora e finalmente abbiamo iniziato a ingranare. Perciò devo fare i complimenti a tutti, sia a chi ha inziato in mezzo a mille difficoltà, sia a chi si è aggiunto in seguito e ha dato un grande contributo.

 

Nell’approccio al calcio e allo sport in generale, quali differenze nota tra i ragazzi di oggi e quelli di un tempo?

Ho iniziato a calcare i campi da gioco nelle giovanili del Tropea con il professore Franco Rombolà sul finire degli anni ’60. Bellissimi ricordi quelli delle giovanili di Tropea: in squadra ero con Antonio Trecate, che era fortissimo e poi è finito nella Vibonese, Salvatore La Torre (u’ Pagghjiuni), approdato al Catanzaro, Antonio Rombolà, arrivato in C con il Cosenza, giusto per ricordarne qualcuno, e avevamo istruttori che mi hanno formato non solo come calciatore, ma anche come persona. Tra tutti ricordo Angelo Stumpo, con il quale un anno abbiamo vinto il campionato e con il quale ancora oggi abbiamo ottimi rapporti di amicizia, e anche Alfonso Toraldo, detto Ciambula.

Dopo la gavetta nello Spilinga, nel Capo Vaticano, nel Brattirò e nel Parghelia, durante gli anni in cui frequentavo le superiori, a Tropea ci sono tornato da grande. In seguito ho giocato anche nel Rombiolo e nel San Calogero, quindi più o meno ho girato tutti i campi della provincia. Nel Tropea, che all’epoca militava in I categoria, ho fatto parte della prima squadra con i ragazzi capitanati da Peppe Tropeano. La più grande soddisfazione è che in tutte queste esperienze ho conosciuto molti bravi ragazzi, che ancora oggi mi dimostrano il loro affetto e la loro stima.

Il calcio una volta era tutto. I ragazzi si coricavano pensando al pallone. Uscivano da scuola e tiravano calci a un pallone fino a sera. Oggi, i ragazzi hanno interessi diversi, non pensano al calcio come i ragazzi di una volta. Con le scuole calcio di oggi, con 2 allenamenti settimanali, non è possibile raggiungere i risultati che si ottenevano un tempo. Perché, a parte il fatto che una volta ci si allenava tre volte a settimana, il calcio occupava il resto del tempo libero di tutti i ragazzi. Oggi, purtroppo, molti giovani vengono a scuola calcio e alcuni, almeno inizialmente, hanno seri problemi anche a muoversi in modo corretto. Nella vita dei nostri giovani c’è poca attività motoria.

 

Ci ha raccontato della sua esperienza di calciatore. Ci dica qualcosa del suo percorso da “mister”.

Come allenatore ho iniziato attorno al 2005. Fu un brutto inizio, perché, oggi come allora, io sui valori non transigo e pertanto dico che nella scelta dei giocatori – finché spetta all’allenatore decidere – in campo debbano scedere i ragazzi che sceglie il mister. I calciatori devono fare i calciatori, non devono credere di potersi sostituire all’allenatore. Per farla breve, quell’anno sono stato esonerato e quello fu il primo esonero della storia del Brattirò. Oggi lo ricordo e ci sorrido sopra. Poi, per fortuna, in seguito ho allenato a Spilinga, ricevendo la completa fiducia della dirigenza. In quel clima sereno abbiamo fatto un bellissimo campionato, con la soddisfazione della squadra e dei supporter. Sarei rimasto a Spilinga, se non ci fossero stati gli amici di Drapia a coinvolgermi nel progetto di una nuova società. Sono stato infatti tra i fondatori dell’US Drapia, in cui ho anche fatto l’allenatore della prima squadra, alternandomi con Antonio Rombolà. Il destino volle, che al termine di quel campionato, la mia nuova squadra fosse appaiata alla mia vecchia squadra: a metà campionato lo Spilinga era 12 punti avanti a noi e, una sera, ospite a cena dei miei vecchi giocatori, promisi loro una rimonta che in effetti riuscii a realizzare. Spilinga e Drapia, come dicevo, si affrontarono a Vibo per uno spareggio promozione e alla fine l’abbiamo spuntata noi. Sono queste le storie belle del calcio. Poi ho iniziato le mie esperienze nelle giovanili, grazie a Mimmo Farfaglia, persona per bene della quale ti puoi fidare ciecamente.

 

Secondo lei, cosa serve a tutto il settore del calcio nostrano per crescere?

Dopo aver ripensato a tutte queste belle esperienze, mi viene quasi automatico dire che servono le strutture! Quelle in cui tante società operano sono praticamente le stesse in cui si giocava 60 anni fa, soltanto che allora erano nuove… Ti racconto un aneddoto di quest’anno: con il mio gruppo dei giovanissimi abbiamo incontrato i Boys del Marinate di Vibo Marina, perdendo all’ultimo minuto una partita bellissima, giocata davvero bene da tutte e due le squadre. Siamo usciti dal campo tutti con la stessa sensazione, sconfitti sì, ma soddisfatti di aver espresso un calcio così bello. E la cosa davvero particolare è che questa sensazione l’hanno avuta anche i vincitori di quella partita e, così, a distanza di un mese, ci contatta il DS Sorrentino da Vibo Marina per chiederci se siamo disponibili a organizzare un’amichevole per consentire ai ragazzi di entrambe le società di divertirsi ancora dando vita ad un nuovo capitolo di quel bell’incontro. “Ma se devono divertirsi – ha detto Sorrentino al nostro DS Farfaglia – dovete venire a giocare nel nostro campo di erba sintetica”. Inutile dire che se non ce lo avessero specificato, glielo avremmo proposto noi, perché quello di Vibo Marina è l’unico campo della zona in cui si può giocare veramente a calcio. 

E quindi, per tornare alla domanda, al nostro settore servono campi in erba, anche sintetica, e strutture dotate di spogliatoi idonei, con gradinate capaci di ospitare comodamente le famiglie dei ragazzi. 

Una bella soluzione sarebbe quella di dotare di strutture destinate allo sport tutte le scuole d’Italia. Oltre al calcio, nella vita io insegno come docente presso l’Istituto Comprensivo di Tropea. Seguo da quattro anni una classe di bambini meravigliosi e penso che meriterebbero un posto dove svolgere i giochi studenteschi e tutte le altre attività sportive che gli piacciono o quelle legate al tempo libero e ai loro hobby, anche in orario extracurricolare: non è giusto che il pomeriggio stiano a casa seduti, magari davanti alla TV o, peggio, con un cellulare in mano.

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Redazione
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