Fede e dintorni

La domenica del perdono e della gioia

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

La domenica del perdono e della gioia.

– “Padre, donaci la gioia del Tuo perdono”. Oggi celebriamo la IV domenica di quaresima: la domenica della gioia, della gioia vera, domenica “laetare” (Rallegrati).
– Gesù fa festa con i pubblicani e i peccatori, mangia con loro e agli scribi e ai farisei che hanno difficoltà ad accettare ciò vuole raccontare la gioia di Dio nell’accogliere i lontani, nel perdonare i peccatori.
– Così racconta loro la storia del padre misericordioso che perdona ai suoi figli. – Il ritorno a Dio da peccatori è e dev’essere sempre un momento di felicità. Il Padre non ci giudica e non ci chiede di ammettere le nostre colpe per farcele pesare. – Egli ci ama prima, durante e dopo le nostre infedeltà. Sperimentare ciò è fonte di gioia vera. –
La riconciliazione con Dio è un passaggio dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, allontanarsi dalla schiavitù per vivere nella libertà dei figli di Dio. – Chi veramente ama non può non gioire nel vedere il fratello riconciliato con il Padre. – Spesso anche noi siamo come gli scribi e i farisei quando ci chiudiamo al perdono e all’accoglienza. – “Figlio, bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. (Lc 15,32).

Dal Vangelo di questa domenica (Lc 15,1-3.11-32).
♦ In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze.
Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto.
♦ Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.
♦ Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
♦ Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”.
Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
E cominciarono a far festa.
♦ Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”.
Egli si indignò, e non voleva entrare.
Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”.
Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Dio è Padre misericordioso. Ma come siamo noi, suoi figli?
♦ Da una parte c’è il Padre che accoglie i due figli e dall’altra ci sono i figli: il minore, che nell’abbraccio di misericordia, si rende conto del male fatto e si lascia riabbracciare, mentre il figlio maggiore si chiude nei suoi preconcetti e non accetta il perdono, cosicché l’offerta del padre di rientrare viene a crollare.
Sono i due modi con i quali ogni uomo può porsi dinanzi al perdono di Dio: o lasciarsi avvolgere da questo infinito e paterno amore e ci si apre di nuovo alla luce, oppure rimanere inerte a cercare di capire una logica che non potrà mai essere compresa con le teorie umane e si rimane ancora nell’ombra.
– Il padre non impedisce al suo secondogenito di allontanarsi da lui. Egli rispetta la sua libertà, che il figlio impiegherà per vivere una vita grigia e degradata. Ma mai il padre si stanca di aspettare, fino al momento in cui potrà riabbracciarlo di nuovo, a casa.
Di fronte all’amore del padre, il peccato del figlio risalta maggiormente. La sofferenza e le privazioni sopportate dal figlio minore sono la conseguenza del suo desiderio di indipendenza e di autonomia, e di abbandono del padre. La nostalgia di una comunione perduta risveglia in lui un altro desiderio: riprendere il cammino del focolare familiare.
Questo desiderio del cuore, suscitato dalla grazia, è l’inizio della conversione che noi chiediamo di continuo a Dio. Siamo sempre sicuri dell’accoglienza del padre.
♦ La figura del fratello maggiore ci ricorda che non ci comportiamo veramente da figli se non proviamo gli stessi sentimenti del padre. Il perdono passa per il riconoscimento del bisogno di essere costantemente accolti dal Padre. Solo così ci sarà per il cristiano la festa del perdono ricevuto e della vera fratellanza.

Una storia che sembra rimanere aperta.
I due figli protagonisti della parabola hanno una brutta idea di Dio. Entrambi.
♦ Il primo figlio, scapestrato, pensa che Dio sia un concorrente, un avversario: se lui c’è io non posso realizzarmi. Dio è un censore, un preside severo, uno che non mi aiuta.
♦ L’altro figlio torna dal lavoro stanco e si offende per la festa che il padre ha fatto in onore del figlio minore, suo fratello. Come dargli torto? Il suo cuore è piccolo ma la sua giustizia grande: sì, è vero, il Padre si comporta ingiustamente nei suoi confronti. Lui è uno mortificato, senza grilli per la testa, lui è il bravo figlio che tutti vorrebbero: perché il padre si comporta in quel modo?
L’evangelista Luca non dice se il primo figlio (il prodigo) abbia apprezzato il gesto del Padre e cambiato vita.
Né dice se il fratello maggiore si sia intenerito alla fine e sia entrato a far festa.
No: la parabola finisce aperta, senza soluzioni scontate, senza facili moralismi e finali da telenovela.
La parabola lascia prospettive sorprendenti: puoi stare col Padre senza vederlo, puoi lavorare con lui senza gioirne, puoi lasciare che la tua fede diventi ossequio rispettoso senza che ti faccia esplodere il cuore di gioia.
Il vangelo ci dice ancora una volta che Dio ci considera adulti, che affida alle nostre mani le decisioni, che non si sostituisce alle nostre scelte.
Allora mettiamo in campo la nostra responsabilità. Viviamo col Dio misericordioso le nostre possibilità.

Il Vangelo ci annuncia una misericordia che è già avvenuta e ci invita a riceverla in fretta: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio”, dice san Paolo (2Cor 5,20).
♦ Come i farisei – rappresentati dal figlio maggiore della parabola – anche noi a volte mormoriamo per il suo comportamento misericordioso di Dio verso i peccatori, rappresentati dal figlio minore. E restiamo senza gioia.
♦ Come i pubblicani, anche noi ci avviciniamo a Gesù misericordioso per ascoltarlo e lasciarci guarire dalla sua grazia sanante. Egli è il Medico divino che non è venuto a chiamare i “giusti”, ma i peccatori a conversione, donandoci l’abbraccio benedicente del Padre celeste.
Così tutti dobbiamo accogliere l’invito a lasciarci riconciliare con Dio per mezzo di Cristo nella potenza dello Spirito Santo attraverso il ministero della Chiesa.

La confessione: gioia e bellezza di un incontro con Cristo, non un atto giuridico.
♦ In questo tempo di grazia, qual’è il camino di quaresima, siamo esortati a riscoprire il sacramento della Penitenza, nel quale non dobbiamo cercare soltanto l’appagamento di una gioia umana (finalmente “sono a posto” con Dio), ma soprattutto sperimentare la gioia pasquale di incontrare Gesù Risorto che vince il nostro peccato e ci rigenera. Senza tale gioia, prima o poi finiamo di restare in un disagio esistenziale.
E se la disperazione, provocata dal peccato, è «la grande gioia del diavolo» (san Barsanufio diGaza), la confessione ci dimostrerà la piena vittoria di Cristo che ci apre alla gioia pasquale, che non è superficiale ma duratura e capace di appagare l’animo umano.
♦ Se ci accostiamo alla confessione come ad un obbligo giuridico, verrebbe ostacolato il manifestarsi della gioia del Vangelo che nasce dall’incontro personale con il Cristo che ci ascolta.
La gioia pasquale, vissuta nella confessione, esprime l’unione con Dio, con il prossimo,con il creato e con se stessi, i quattro ambiti su cui dovremmo focalizzare il nostro esame di coscienza.
♦ La confessione è sempre un atto pasquale nel quale è Cristo stesso nella persona del sacerdote, che ci accoglie, ci abbraccia, ci perdona, ci risolleva. E con Lui possiamo ritornare alla familiarità con Dio. Gesù si rivela come l’unico amico a cui affidare tutta la nostra esistenza.

Per la preghiera e l’impegno.
* O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la redenzione del genere umano, concedici di camminare con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina.
* O Padre, che in Cristo crocifisso e risorto offri a tutti i tuoi figli l’abbraccio della riconciliazione, donaci la grazia di una vera conversione,
per celebrare con gioia la Pasqua del tuo Figlio.
* La Chiesa sia casa e oasi della misericordia, del perdono, della riconciliazione, rivelando la bontà di Dio Padre che accoglie con gioia i figli che tornano a lui.
* I confessori siano umili e fedeli servitori del perdono di Dio, accogliendo e illuminando i fedeli con le parole del Buon Pastore.
* I genitori e gli educatori siano pazienti e disponibili nell’accompagnare le nuove generazioni, lasciando cadere la rabbia, il rancore, la violenza e la vendetta.
* I giudici, seguendo l’esempio di Gesù, che non negozia mai la verità, amministrino la giustizia con integrità.
* Noi che desideriamo essere discepoli di Gesù: afferrati dalla divina misericordia, diventiamo misericordiosi gli uni verso gli altri con lo sguardo, le parole e le azioni, in modo che il Santo Spirito trasformi il nostro cuore di pietra in cuore di carne e lo renda sempre più disposto a seguire il dinin Maestro.

In questa quarta domenica di quaresima, chiamata “laetare” (Rallegratevi): siamo invitati a gioire. – Dio è Padre ricco di misericordia, che ci ha tanto amati fino a donarci suo Figlio. Sì, Gesù è stato mandato dal Padre misericordioso ed egli è venuto in un mondo decaduto ed ha portato luce e vita nuova. La venuta di Gesù, la sua vita, la sua croce e la sua risurrezione sono il segno più grande dell’amore del Padre per noi. – Oggi Dio continua ad amarci e a donarsi nel Figlio attraverso i sacramenti che Cristo ci ha lasciato in sua memoria.

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