Fede e dintorni

La Pasqua vera scuola della sofferenza

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

La Pasqua vera scuola della sofferenza.

– Vivere e soffrire, ma per chi? – La Pasqua con il suo mistero profondo ci ha messo dinanzi il perché della vita e della sofferenza: ma molti pensano di eludere la risposta.
– Non si può vivere e soffrire senza sapere «per chi» – Nella vita non possiamo scegliere se soffrire o meno. Le sofferenze arrivano, senza chiedere il permesso. Sono diverse, ci toccano da ogni dove, con diversa intensità; talvolta in modo improvviso, violento, destabilizzante. Ci spiazzano, fino a farci perdere il fiato e l’orientamento.
– La cosa più difficile, forse, è che sofferenze potrebbero non avere un ‘perché ‘ o questo potrebbe restare molto nascosto, lasciandoci nello sconcerto e nel non-senso. – Forse si può soffrire senza sapere un ‘perché’, ma non si può soffrire senza sapere ‘per chi’. – Gesù nella sua vita e nella sua passione sin dall’inizio ci ha confidato il ‘per chi’ vale la pena affrontare le sofferenze: «per noi uomini e per la nostra salvezza». E ci ha mostrato come accoglierle: con la debole potenza dell’amore che tocca e si lascia toccare e così guarisce, risana, rialza chi è caduto.

Gesù, nella sua vita e nella sua passione d’amore e di morte, ci ha introdotto nella possibilità di dare un senso più grande alla sofferenza, anche quando il soffrire sembra non averne alcuno, specie il soffrire dell’innocente: e qui cala il silenzio che si fa invocazione, grido, preghiera. E questo lo incontriamo spesso anche nelle storie sui social web.

Le sofferenze sono insegnamenti.
♦ Su Facebook è apparso un ‘post’ di una giovane donna (Rita) che racconta con passione un’esperienza di lotta a rischio vita con il Covid vissuta qualche mese fa con l’affanno, i singulti e le corse dei familiari per trovare l’ossigeno.
♦ E questa sofferenza per i propri cari in difficoltà le ha dato l’occasione di invitare a riflettere tutti quelli che la vita rischiano di sciuparla, che non sanno sopportare un minimo di rinuncia e continuano imperterriti con comportamenti davvero superficiali, pericolosi per sé, ma soprattutto incuranti delle conseguenze sugli altri, compresi familiari e amici più fragili.
A tutti Rita si rivolge con una frase lapidaria: «Le sofferenze sono insegnamenti» e sembra dire a tutti noi, soprattutto adulti, almeno due cose riguardanti la verità della vita.
♦- La prima è che dalla sofferenza si può imparare, uscendone migliorati in tutti i sensi. Ciascuno di noi, almeno qualche volta, questo lo ha sperimentato direttamente o lo ha potuto veder accadere, con ammirazione e gratitudine.
♦- La seconda cosa è che i giovani danno il meglio di sé, se si offre loro un’opportunità e non li si inganna con l’effimero, con bugie e promesse di scansare il soffrire perché inutile e da rimuovere più della morte stessa.
Quando si aiuta i giovani a scorgere il significato segreto di ogni dolore, essi scoprono che l’amore vero è sempre accompagnato da sofferenza e che se non si impara ad accettare le sofferenze che la vita riserva, non si apprenderà mai l’arte di amare. Perché amare non è solo «voce del verbo morire» (don Tonino Bello); amare è anche voce del verbo «soffrire». – Un giovane sacerdote, Francesco, condivide: «Sono bastati pochi mesi di sacerdozio e un po’ di confessioni perché io vedessi capovolta la mia idea della sofferenza.

L’importanza della sofferenza.
Quanto è importante la sofferenza! Si ha l’impressione che il mondo, la società in cui viviamo, sia continuamente pungolato da una tentazione: pensare che la felicità sia il benessere e che il benessere sia l’assenza di sofferenze. Se si chiede alla gente: ‘Per te, chi è una persona felice?’. Quasi sempre la risposta è ‘chi non soffre’.
Ma forse qui c’è un inganno. Chi lo ha detto che il più felice è quello che soffre meno?
La nostra fede crede che l’uomo più felice della storia sia l’uomo che ha sofferto di più al mondo.
Le sacre Scritture dicono che il più bello tra i figli dell’uomo è quello che, talmente fu percosso e maltrattato, non sembrava più un uomo, era più simile a un verme schiacciato.
La sofferenza è utile, è importante, è un regalo che Dio fa, è il luogo privilegiato in cui poter incontrare Dio… È Dio che passa ogni volta che soffriamo, è Dio che si manifesta ogni volta che un suo figlio è nel dolore, nella sofferenza, nell’angoscia.
Ed è il Dio che patisce per noi per amore e con amore, lasciandoci un esempio perché ne seguiamo le orme che i nostri occhi contemplano nel mistero della Santa Pasqua.
Anche noi possiamo vivere le sofferenze della nostra vita per amore di Colui che ha sofferto ed è morto «per noi uomini e per la nostra salvezza».

(fonte: cf Avvenire.it, 6 aprile 2021).

La Pasqua con il suo mistero profondo ci ha messo dinanzi il perché della vita e della sofferenza: una vera scuola della sofferenza. – Non si può vivere e soffrire senza sapere «per chi» – Gesù nella sua vita e nella sua passione sin dall’inizio ci ha confidato il ‘per chi’ vale la pena affrontare le sofferenze: «per noi uomini e per la nostra salvezza». E ci ha mostrato come accogliere le sofferenze: con la debole potenza dell’amore che tocca e si lascia toccare e così guarisce, risana, rialza chi è caduto. – Anche noi possiamo vivere le sofferenze della nostra vita per amore di Colui che ha sofferto ed è morto per noi. – “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. (San Paolo ai Galati, 2,20).

Condividi l'articolo