Per non dimenticare il dramma della Shoah
“Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che amche questa spietata durezza cesserà, che ritornerano l’ordine, la pace ela serenita”.
«Ci è vietato guardare fuori dalla finestra o uscire. Dobbiamo anche badare a non fare rumore, perché di sotto potrebbero sentirci. Ho tanta paura che ci scoprano e ci fucilino» scrive Anna.
Anna iniziò a scrivere il diario dal giorno del suo tredicesimo compleanno fino al 1° agosto del 1944. Infatti il 4 agosto la polizia tedesca farà irruzione nell’alloggio segreto e tutti i rifugiati saranno arrestati e condotti nei campi di concentramento. Il diario di Anna è stato tradotto in oltre 60 lingue, ha venduto più di 30 milioni di copie e nel 2009 l’UNESCO lo ha inserito nell’Elenco delle Memorie del mondo, questo solo per ricordare, per chi non conoscesse l’opera (difficile se non impossibile!), di cosa stiamo parlando. Nel diario troviamo Anna immersa nei mille problemi che la circondano, la snervano, la fanno trasalire. Talvolta la troviamo insofferente, che critica questo o quell’altro abitante dell’alloggio segreto; altre volte è allegra, dolce, riconciliata col mondo, leggiamo dei primi turbamenti amorosi per il nuovo inquilino dell’alloggio segreto, Peter van Pels, la cronaca quotidiana di ciò che accadde dentro e fuori l’alloggio (ascoltavano la radio inglese) e l’amicizia che la lega a Elli e Miep che insieme ad altre persone rischiarono ogni giorno la vita pur di aiutare a nascondere nell’alloggio segreto gli inquilini ebrei. Fu proprio Miep a trovare il diario di Anna nell’alloggio e consegnarlo a Otto. Bisogna sempre ricordare che Anna è un’adolescente con i problemi di ragazza che sta crescendo e sta cambiando nel fisico e nella mente. È normale che lei più degli altri si senta soffocare fra la mancanza d’aria, la monotonia e la noia di una forzata clausura, i discorsi degli adulti, le paure e le speranze. Lei è una bambina tra adulti che mostra di avere un’intelligenza precoce, perché ha il dono di cogliere le cose nella loro sostanza. Giudica tutto e tutti Anna, e lo fa i un modo unico, perché quelle persone, descritte nella loro genuina essenza, familiari e non, le sentiamo vicine a noi. Tutti devono adattarsi alla vita dell’alloggio, in una nuova condizione disagiata e pericolosa. Devono farlo perché è l’unico modo per sopravvivere, bisogna avere la forza di farlo. E qui, nell’alloggio segreto, la scrittura gioca per Anna un ruolo fondamentale. Lei è una fragile presenza, un’adolescente che vive con persone più grandi di lei soffrendo quella condizione, perché le si palesano intorno comportamenti di persone fragili e indifese, che si attaccano nella noia e nella monotonia di quelle giornate, nella paura e nella speranza, alle cose futili. È Anna la protagonista di questo diario, è lei che tra le righe di ciò che scrive cerca di superare quella condizione, di andare oltre la paura e la speranza, di andare oltre la morte. Quando si legge il suo diario non si può fare a meno di immaginare la fine che faranno i protagonisti di questa storia, purtroppo tutti, escluso Otto, morti nei campi di concentramento. Il lettore viene dunque assalito dall’orrore e dalla tristezza e in alcune pagine del diario fa fatica a soffermarsi nei momenti in cui Anna racconta quelle cose frivole, perché forse anche senza rendersene conto, raccontandole diventa l’artefice di un miracolo letterario, dato che la scrittura la pone in una condizione diversa rispetto agli altri: Anna cerca nel proprio racconto un significato universale. Scrive Anna in una delle prime pagine del diario: «Con nessuno dei miei conoscenti posso far altro che chiacchiere, né parlar d’altro che dei piccoli fatti quotidiani. Non c’è modo di diventare intimi, ecco il punto.[…] Perciò questo diario. Allo scopo di dar maggior rilievo nella mia fantasia, all’idea di un’amica lungamente attesa, non mi limiterò a scrivere i fatti del diario, come farebbe qualunque altro, ma farò del diario l’amica, e l’amica si chiamerà Kitty.» Continuerà a pensarla così nell’alloggio segreto. L’adolescente guarderà oltre a sé, andrà oltre quello che sta succedendo. Quel “Cara Kitty” è l’inizio di un dialogo che non termina nella scrittura, che non s’interromperà con la morte. E quant’è bello quel Cara Kitty, ogni volta è un’emozione leggerlo, sentirlo, perché è un messaggio di amore e di pace, perché Anna si mostra una persona matura, un’adolescente consapevole di essere riuscita a portare avanti “miracolosamente” un suo discorso intimo, senza rinunciare a tutte le speranze che sembravano assurde e ineluttabili. Scrive Anna il 15 luglio del 1944, venti giorni prima che i tedeschi facciano irruzione nell’alloggio segreto: «È un miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e ineluttabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità. Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno forse ancora attuabili». Sì, avete capito bene, sono sue parole, le significative parole di una quindicenne. Il messaggio è chiaro, l’opera un autentico capolavoro. Acquistatelo, se non l’avete ancora fatto, questo splendido diamante, leggetelo e poi custoditelo con cura. E regalatelo se come Anna non pensate a tutta la miseria che vi sta intorno ma alla bellezza che rimane ancora.