Cultura e Società Politica

L’intervista all’ex sindaco di Tropea Antonio Euticchio

Sulla lista civica vittoriosa alle comunali del 2006: «È stato il mio più grande errore politico»

Sul Pd: «È da due anni che non rinnovo la tessera. […] Mi auguro che il PD faccia nuove scelte. Io mi schiero apertamente con Zingaretti. Se il Partito cambierà linea politica, io farò la mia parte e scenderò in campo»

L’ex sindaco di Tropea Antonio Euticchio – foto Libertino

Chi sbaglia, paga. Tutti sbagliamo o abbiamo sbagliato; e tutti, chi più chi meno, paghiamo o abbiamo pagato. Gli errori, prendendo in prestito le parole di P. McWilliams, “ci mostrano quello che ha bisogno di essere migliorato. Senza errori, come sapremmo su cosa dobbiamo lavorare?” E poi, aggiungiamo noi, ci sono errori ed errori. Dunque, quale dovrebbe essere la nostra opinione su un uomo che si è raccontato ammettendo i propri errori? Cosa possiamo dire noi di una persona semplice, intelligente, seria e disponibile? Dodici anni fa il dottore Antonio Euticchio veniva eletto primo cittadino di Tropea e noi oggi abbiamo avuto la fortuna e l’onore di confrontarci con lui per parlare del suo modo di vedere la politica nostrana.
Tre anni di “governo” della città, poi le “inevitabili” dimissioni. Naturalmente abbiamo sintetizzato brutalmente un periodo ben preciso della storia politica, e non solo politica, di Tropea. Antonio Euticchio, invece, nelle sue analisi è stato lucido, preciso, chiarissimo. È un uomo che ha criticato il suo stesso Partito, e ha tanta voglia di ritornare alla politica attiva. Forse in passato non ha fatto “errori”, come dice lui, bensì ha dovuto sorbirsi una lezione. E oggi la vuole dare a noi. Naturalmente non abbiamo avuto alcun problema di ritornare a sederci dietro un banco; lui, probabilmente, non ha mai pensato di sedersi in cattedra, ma è riuscito a spiegare concetti difficili con parole semplice. Infatti più che leggere l’intervista, avreste dovuto ascoltarla. Pazienza, sarà per un’altra volta.


Si aspettava la vittoria della lista “Forza Tropea” guidata dall’avvocato Giovanni Macrì? Da quello che il sindaco Macrì dice, pare abbia le idee molto chiare, anche se è ancora troppo presto per giudicare il suo lavoro. A suo avviso, può essere l’uomo della svolta?

«I candidati più radicati erano Macrì e Romano, loro avevano una storia politica più recente. Macrì, nel 2006, è anche stato il mio vice. Diciamo che avevo qualche dubbio su questi due candidati, e si è verificato quello che pensavo perché ha vinto Macrì per pochi voti (258 voti ndr). Io penso che a Tropea le cose non si cambiano solo con l’uomo, con chi fa il sindaco. Le cose si cambiano con una visione politica, cosa che a Tropea manca. Non ci sono più i Partiti e questo a mio avviso è un grave danno per il Paese. Un uomo non può cambiare il Paese. Macrì è legato ad una parte politica e la città ha fatto una scelta. Tropea sostanzialmente è una città di Centrodestra e spero per lui e per la città che il suo Partito lo sostenga. Ma a Tropea non c’è la politica, e se non c’è la politica ci affidiamo alla persona. Io ho grandi dubbi che solo una persona, se non è supportata, se non si lega ad una visione politica regionale e nazionale, possa determinare quel cambiamento per la città».

Lei ha ancora la tessera del PD?
«È da due anni che non rinnovo la tessera, perché non ho condiviso la linea politica, ma questo non significa che io sono lontano dal Partito. Io sono stato uno dei tanti militanti che ha contribuito alla creazione del Partito Democratico e, francamente, vederlo in questo stato mi fa stare male».

Cosa pensa della elezione del nuovo presidente della Provincia Salvatore Solano (Centrodestra) con i voti del PD?

«È un fatto estremamente grave. C’è debolezza nei vertici del PD a tutti i livelli. Ci sono i responsabili eletti da noi e nessuno di loro ha espresso giudizi su questa triste vicenda politica. Cose di questo tipo non dovrebbero verificarsi. Ma ancora più critico sono nei confronti di coloro i quali dovevano intervenire e dire “No” a quanto accaduto. Quando un politico deve fare queste scelte, deve prima dimettersi. Queste cose determinano tanta confusione e la gente si allontana sempre più dai Partiti».

Anche il sindaco Macrì dice che “Forza Tropea” fa parte di un progetto politico sulla linea che è stata indicata dal Senatore Mangialavori (FI). Quindi per il sindaco di Tropea è importante il Partito a tutti i livelli. Sostanzialmente lei dice la stessa cosa. È corretto?
«Questo è un fatto estremamente positivo, perché la mancanza dei Partiti determina scelte di carattere personale, ma lo dico soprattutto in riferimento alla mia esperienza personale. Io ho cercato di fare una lista civica per il bene del Paese, dove c’erano un po’ tutti: PD, Socialisti, UDC ecc… Però poi, in sostanza, una lista così non può reggere. Vinte le elezioni, se non c’è un legame forte, di Partito, gli eletti pensano di fare una politica per conto proprio. Ognuno pensa di essere stato eletto per merito proprio e quindi è probabile si verifichino spinte individuali che non possono convivere con la soluzione dei problemi della città. Deve esserci un Partito dietro il sindaco, dietro ogni amministrazione. Anch’io ho discusso con il PD perché avrei voluto formare una lista con a capo un nome del Partito Democratico. Ciò non è stato possibile».

Cioè? Una lista del PD alle comunali di Tropea del 21 ottobre scorso?

«Sì. Perché è assurdo che un Partito come il PD non abbia presentato una propria lista nella città di Tropea, perché era l’unico Partito che fino a due anni fa aveva una sezione in città ed esprimeva una maggioranza. Questo significa che la distanza tra la gente e i vertici del Partito si sta ampliando. Penso che anche a livello locale dobbiamo ritornare a fare politica e gli scontri non devono essere personali – che è poi quello che si verifica quando fai liste civiche, in quanto lo scontro è tra i candidati a ricoprire la carica di primo cittadino – perché lo scontro deve essere tra le idee e i contenuti del programma. Ritengo, dunque, che i problemi della città si debbano affrontare politicamente e risolvere politicamente. Chi vince, amministra; chi perde contribuisce a risolvere i problemi dai banchi dell’opposizione».

Ma anche lei, come ricordava, alle comunali del 2006 vinse con una lista civica…
«All’epoca feci una grande lista perché collaborassero tutti alla risoluzione dei problemi della città, ma paradossalmente – così facendo- subito dopo la vittoria delle elezioni iniziarono i problemi. Quando fai una Giunta e c’è un collante politico allora regge, altrimenti subentrano esigenze di carattere personale e la città invece ha bisogno di una precisa linea politica per la risoluzione dei problemi. Questo è stato un mio limite. Abbiamo fatto questa scelta come Partito. È stato il mio più grande errore politico».

Quindi se nei mesi scorsi le avessero proposto di candidarsi con una lista civica alle comunali di Tropea non avrebbe accettato?
«No, non esiste, non l’ho voluta fare: avrei contribuito solo se avessimo organizzato una lista del Partito (PD ndr). Chi doveva e poteva fare non l’ha fatto. Poi, in questo momento, il Partito è in confusione. Mi auguro che il PD faccia nuove scelte. Io mi schiero apertamente con Zingaretti. Se il Partito cambierà linea politica, io farò la mia parte e scenderò in campo».

In futuro potrebbe quindi ricandidarsi alla guida della città di Tropea?

«Sì, se cambierà linea, mi metterò subito a lavorare per il Partito».

Lei ha criticato il suo ex Partito, ha detto che si sta ampliando la distanza tra i vertici dei Partiti e la gente. Ma anche a Tropea, con quattro liste civiche, circa 500 persone non sono andate a votare. Secondo lei perché?

«Perché delusi dalla politica. Dovendo fare una scelta tra uomini, l’idea qual è? In politica non si può votare la persona, perché potrai avere il consenso immediato ma poi alla fine ti scoppiano tutte le grane politiche che stanno dietro. Devi condividere le idee».

Il mancato accordo tra le liste “Rinascita per Tropea” e “L’altra Tropea” di Romano e L’Andolina, a conti fatti avrebbero battuto Macrì. Nessuno ha fatto un passo indietro. Ma secondo il neo consigliere di minoranza L’Andolina in politica «non sempre due più due fa quattro, tante volte fa tre». Cosa pensa di questo mancato accordo?
«Naturalmente avrebbero potuto vincere le elezioni, ma io mi pongo un’altra domanda: qual è il Partito di Peppino Romano? Qual è il Partito di Massimo L’Andolina? Se non c’è dietro un Partito si può dire che sono espressione del Centrodestra o del Centrosinistra? Nella lista di Peppino Romano, tanto per fare un esempio, c’era tutto e il contrario di tutto: Salvini, l’estrema sinistra e gli ex PD. Se avessero fatto l’accordo forse avrebbero vinto. Ma questa è politica? Secondo me, no. Bisogna ritornare ai Partiti e ognuno deve fare scelte politiche, perché così si evita lo scontro personale. Ognuno di noi deve contribuire alla creazione dei Partiti e al fatto positivo che ci siano scontri tra visioni politiche e non tra persone. Alle comunali io avrei preferito che ci fosse stata una lista espressione del Centrodestra e una espressione del Centrosinistra. Anche tre liste, una 5 stelle, perché ormai non è un discorso solo tra Destra e Sinistra, e questo per la crescita politica della città».

Insomma, alla fine bisogna comunque scegliere il sindaco. Non trova?

«Bisogna capire quand’è arrivato il tempo di appendere le scarpe al chiodo e cercare il ricambio naturale. È logico che in un Paese come Tropea bisogna affidare la politica alla nuova generazione. Ormai ognuno di noi – e mi riferisco a quelli che come me hanno già fatto politica in passato – con la propria esperienza può contribuire alla crescita e al rinnovamento della futura classe dirigente. È difficile, lo capisco. Ma dobbiamo provarci e invitare i giovani a partecipare alla vita politica».

Ma se il suo Partito le chiedesse in futuro di fare il sindaco…
«Certo, mi candiderei».

E comunque, in questa ultima tornata elettorale, sono state tante le facce nuove. Alcuni sono alla loro prima esperienza. Non trova sia un fatto positivo?
«Sì, è una cosa positiva ma sono scelte sempre di carattere personale, non c’è la politica che li sostiene. Nessuno ha militanza politica. Dall’oggi al domani non puoi prendere uno e fargli fare l’assessore o il sindaco».

Cosa ha significato per lei essere il sindaco di Tropea? Da ex sindaco della città, quali sono secondo lei i problemi più urgenti da risolvere?
«La cosa più bella che possa accadere ad un politico è quella di fare il sindaco del proprio Paese. È una soddisfazione personale, perché devi lavorare per risolvere i problemi della gente. Tropea è una delle città più importanti della Calabria, è una città ormai conosciuta in tutto il mondo ed è preferibile, secondo me, da un punto di vista politico essere il sindaco di Tropea piuttosto che fare il consigliere regionale. È motivo di orgoglio. I problemi di Tropea sono tanti, e il problema principale è la mancanza di lavoro per i giovani. Il comune non dà lavoro ma dovrebbe determinare le condizioni perché crescano le opportunità lavorative per i giovani. Tropea è una città che vive di turismo? Allora bisogna fare in modo che ci sia turismo per almeno nove mesi l’anno. Ma, mi chiedo: il turista ritornato dalla spiaggia cosa fa a Tropea? Rispetto a tante altre città turistiche la politica deve sedersi intorno a un tavolo e ragionarci sopra. C’è il problema della Rupe – ma soprattutto ciò che c’è sopra la Rupe – il problema dell’Ospedale e dell’edilizia scolastica».

Lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. Qual è la sua opinione?
«Che nessuno pensi che gli amministratori dell’epoca, il sindaco Rodolico e gli assessori, fossero contigui con la mafia. Non esiste! Il comune è stato sciolto perché chi ha gestito la cosa pubblica in determinati atti non è stato accorto e ha fatto delibere che non doveva fare. Quindi il comune è stato sciolto perché in alcuni atti, poi chiariti nelle motivazioni, la Giunta ha fatto scelte che non avrebbe dovuto fare. Conoscendo il sindaco Rodolico, penso semplicemente che, insieme agli assessori, abbia sbagliato alcuni atti. Naturalmente lo scioglimento del comune non è un fatto di poco conto, ma non hanno sciolto il comune perché gli amministratori erano mafiosi, ma perché in determinate delibere gli amministratori sono stati superficiali, ingenui, può darsi che siano stati condizionati ma non vuol dire che il soggetto è mafioso o è legato alla mafia».

Alle comunali del 2006 vinse lei con 200 voti di scarto sul dottore Orfanò. Fu il primo sindaco dopo la coppia Vallone – Cortese, che aveva vinto le tre precedenti tornate elettorali. Macrì era il suo vice. Poi il valzer degli assessori, la crisi e le dimissioni. Cosa successe?
«Il problema è sempre quello: quando non c’è un Partito alle spalle ognuno avanza richieste e coltiva il proprio orto. Ognuno ha preso una strada politica diversa, poi per alcuni si erano innescati motivi di elezioni provinciali, regionali e quindi…Il sindaco è tenuto a prendere alcune decisioni per l’interesse del Paese, e quando fai una lista in cui ci sono tutti e ognuno pensa di poter prendere decisioni per il proprio interesse personale, allora l’errore è alla base. Serve una linea politica chiara. Il sindaco deve essere il sindaco di tutti e ciò significa anche tenere lontani alcuni problemi. Inoltre un sindaco deve saper dire di no. La lista che vinse le comunali di allora è stato un mio errore politico».

Qual è a sua opinione sul politico Gaetano Vallone?
«Gaetano ha avuto un ruolo importante e si è trovato al posto giusto nel momento giusto, perché Tropea era un Paese allo sbando dal punto di vista amministrativo. Lui veniva dalla vecchia scuola e aveva esperienza. Ha fatto delle scelte e come ogni sindaco ha fatto anche qualche errore».

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Redazione
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