Fede e dintorni

L’ora degli angeli per Beirut

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

L’ora degli angeli per Beirut.

– La devastazione al porto di Beirut dopo la duplice esplosione del 4 agosto ha causato una grande tragedia a Beirut e di riflesso su tutto il Libano.
– Una tragedia che ha colpito fortemente la sensibilità mondiale, particolarmente quella occidentale. La crisi politica con le dimissioni del governo sembra accelerare un processo di cambiamenti radicali: bisogna pensare al bene comune e non solo alle strategie di alleanze tra le varie parti.
– Mentre la crisi politica e sociale galoppa c’è chi già si è rimboccato le maniche per farsi prossimo a chi è stato colpito dalla tragedia. – Da Batroun, nel nord del Libano, gli angeli della solidarietà sono scesi subito per le strade di Beirut. La speranza è che non si resti solo a guardare gli altri che fanno il bene, ma di imitarli in qualche maniera.
seguiva i suoi seminaristi.

Il racconto del vescovo maronita cattolico Mounir Khairallah:
«Anche stavolta riusciremo a dare un rifugio a tutti»

♦ «Dopo la croce c’è sempre la speranza, dopo la morte c’è la resurrezione».
Con queste parole Mounir Khairallah, vescovo maronita cattolico di Batroun, nel Libano settentrionale, inizia il suo racconto dal cuore di Beirut, dove tutto è detriti, polvere, devastazione.
♦ In città, sotto choch per la duplice deflagrazione che nel tardo pomeriggio di martedì 4 agosto ne ha ridisegnato i contorni, la speranza ha il volto di migliaia di giovani: in queste ore sono loro, giunti da ogni angolo del Paese, ad assumersi la responsabilità di ripulire la città e soccorrere quanta più gente possibile.
♦ Bisogna fare in fretta, il tempo della ricostruzione deve iniziare subito, non poi, in un domani indefinito tanto caro alla politica.
♦ «Dal primo giorno ho preso contatto con il vescovo maronita di Beirut – spiega Khairallah – volendo portare aiuto concreto alla popolazione, poi siamo partiti».

L’arrivo il mattino presto, «a bordo delle nostre macchine perché, a causa del coronavirus, non si possono prendere i pullman e i trasporti pubblici non esistono». Il collegamento telefonico via WhatsApp non mitiga la commozione del monsignore, palpabile: «Qui è la desolazione totale, mi scuso, sono molto emozionato».
♦ Il vescovado maronita di Beirut si trova sulla collina di Achrafiyeh, «di fronte al porto». Innumerevoli i danni materiali alle strutture vescovili.

I ragazzi di Batroun si sono aggiunti alle centinaia di coetanei «che raccolgono macerie, puliscono, soccorrono le famiglie negli appartamenti, per strada», racconta il vescovo. «Ho voluto fare un giro dal vescovado in città, arrivando alla chiesa di San Maroun, disfatta, e alla casa parrocchiale, anch’essa distrutta».

Paradossale quanto la società civile sia piena di risorse, in questo Paese del Vicino Oriente dalla storia tribolata, e la classe dirigente corrotta: «Hanno orecchie e cuori chiusi alle esigenze della loro gente, non sembrano coscienti della gravità della situazione del loro popolo», dichiara il vescovo, dando voce a una domanda che in molti si pongono: «Ci voleva veramente anche questa tragedia per scuoterli?
I politici libanesi pensano solo ai loro interessi. Siamo arrivati a questo punto per la grande, immensa corruzione della classe dirigente».

Poi, ci sono loro: i ragazzi e le ragazze che affollano le strade della città. Maniche di camicia e short, i capelli impastati dai calcinacci, pale e scope brandite come armi contro il male. Quello con la “m” maiuscola, fatto di egoismi, corruttela, fanatismi, connivenze.
«Dal giorno in cui noi nasciamo, qui in Libano, sappiamo di trovarci sul crocevia di interessi internazionali contrastanti.
Prima dell’esplosione, eravamo consapevoli di essere caduti sotto zero. Aspettavamo, come dire, uno scatto, una ripresa, non ancora peggio». Eppure, «a Beirut, alla fin fine, tutto si organizza», sospira Khairallah pensando ai suoi ragazzi. Il miracolo della solidarietà, «al di là di tutte le appartenenze e le ideologie», è in questo momento l’àncora cui aggrapparsi per centinaia di migliaia di sfollati.
♦ Le autorità calcolano almeno 300mila, senza tetto: «Riusciremo a offrire loro rifugio e assistenza, anche questa volta. Anche questa volta Beirut ce la farà».

Papa Francesco per il Libano.
♦ Dopo l’Angelus di 9 agosto, il pensiero di Papa è andato al Libano, teatro martedì 4 agosto scorso di una drammatica doppia esplosione.
«In questi giorni il mio pensiero ritorna spesso al Libano. La catastrofe di martedì scorso chiama tutti, a partire dai Libanesi, a collaborare per il bene comune di questo amato Paese.
Il Libano ha un’identità peculiare, frutto dell’incontro di varie culture, emersa nel corso del tempo come un modello del vivere insieme.
Certo, questa convivenza ora è molto fragile, lo sappiamo, ma prego perché, con l’aiuto di Dio e la leale partecipazione di tutti, essa possa rinascere libera e forte.
Invito la Chiesa in Libano ad essere vicina al popolo nel suo Calvario, come sta facendo in questi giorni, con solidarietà e compassione, con il cuore e le mani aperte alla condivisione.
Rinnovo inoltre l’appello per un generoso aiuto da parte della comunità internazionale.
E, per favore, chiedo ai vescovi, ai sacerdoti e ai religiosi del Libano che stiano vicini al popolo e che vivano con uno stile di vita improntato alla povertà evangelica, senza lusso, perché il vostro popolo soffre, e soffre tanto».

Mentre devastazione mostra le sue conseguenze più tragiche (300mila, senza tetto) e la politica non ha retto alla crisi seguita, migliaia di giovani sono giunti da ogni angolo del Paese, per assumersi la responsabilità di ripulire la città di Beirut e soccorrere quanta più gente possibile. I ragazzi e le ragazze affollano le strade della città: maniche di camicia e short, capelli impastati dai calcinacci, pale e scope brandite come armi contro il male (quello con la “m” maiuscola, fatto di egoismi, corruttela, fanatismi, connivenze). – E questi giovani lo dicono: «Dal giorno in cui noi nasciamo qui in Libano, sappiamo di trovarci sul crocevia di interessi internazionali contrastanti. – Sia pace e futuro di bene per il Libano e per Beirut.

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