Fede e dintorni

QUANDO MUORE UN BARBONE

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Quando muore un barbone.

– Quante volte abbiamo letto di barboni o clochards che sono morti senza battere ciglio: abbiamo scrollato le spalle, forse abbiamo fatto una rapida preghiera… ma di certo senza cambiare niente in noi.
– E poi avviene che qualcuno di questi ultimi della società muore nelle nostre vicinanze, persino accanto alle chiese o alle stesse strutture di beneficenza. E allora si comincia ad aprire gli occhi…
– Allora viene Papa Francesco che nel mezzo di un messaggio rivolto al mondo (qual’è la preghiera domenicale dell’ Angelus) viene a richiamare le coscienze: “Lo scorso 20 gennaio a pochi metri da Piazza S.Pietro è stato trovato morto a causa del freddo un senzatetto nigeriano di 46 anni di nome Edwin. La sua vicenda s’aggiunge a quella di tanti altri senzatetto recentemente deceduti a Roma nelle stesse drammatiche circostanze… Pensiamo a Edwin, a cosa sentì quest’uomo, 46 anni, nel freddo, ignorato da tutti, abbandonato anche da noi. Preghiamo per lui… E ci sia di motivo quanto detto da S.Gregorio Magno che dinanzi alla morte per freddo di un mendicante affermò che quel giorno non si sarebbero celebrate messe perché era come Venerdì Santo”. Così il Papa al temine dell’Angelus.
– Abbiamo bisogno di risvegliare la nostra coscienza e notizie di questo genere diventano per noi come pietre di inciampo su cui si va a sbattere per scuotersi dal torpore esistenziale della vita. Il nostro prossimo ci dirà fino a che punto noi siamo umani.

Papa prega per Edwin, il senzatetto morto vicino a Piazza San Pietro.
♦ “Lo scorso 20 gennaio a pochi metri da Piazza S.Pietro è stato trovato morto a causa del freddo un senzatetto nigeriano di 46 anni di nome Edwin. La sua vicenda s’aggiunge a quella di tanti altri senzatetto recentemente deceduti a Roma nelle stesse drammatiche circostanze”.
♦ Così il Papa al temine dell’Angelus. “Preghiamo per Edwin: ci sia di motivo quanto detto da S.Gregorio Magno che dinanzi alla morte per freddo di un mendicante affermò che quel giorno non si sarebbero celebrate messe perché era come Venerdì Santo. Pensiamo a Edwin, a cosa sentì quest’uomo, 46 anni, nel freddo, ignorato da tutti, abbandonato anche da noi. Preghiamo per lui”.

♦ La tragica scoperta è stata fatta nella mattinata di mercoledì 20 gennaio, in piazza San Pietro dai volontari della Comunità di Sant’Egidio proprio sotto il porticato antistante la basilica dove molti senza fissa dimora cercano e trovano riparo dal buio e, in questi giorni, dal freddo.
♦ “Da tempo era lì a San Pietro. Era diffidente ma con noi ci parlava – racconta Carlo Santoro, volontario della Comunità di Sant’Egidio – Non possiamo accettare una morte così. La responsabilità è di tutti, delle istituzioni in primis che devono aprire le strutture che a Roma ci sono”.
♦ Edwin aveva 46 anni ed era di origini nigeriane. La sua è l’ultima drammatica storia ed è un esempio. Sappiamo che era nigeriano passato per l’Austria, perché aveva un passaporto austriaco. Questo dimostra quanti migranti vivono nelle nostre strade. Evidentemente non si sono integrati a Roma, che comunque non è una città facile in cui trovare un lavoro e una casa.
Tutto ciò pone un interrogativo per tutti noi. Una vicenda drammatica come tante di un fratello “ignorato da tutti, abbandonato anche da noi” che deve farci chiedere che cosa abbia provato. Ci pone dei problemi anche come città, perché siamo chiamati tutti a rispondere per una morte del genere e a fare qualcosa per quelli che vivono in strada.
♦ Il numero dei nuovi senzatetto aumenta ovunque. Sono persone che hanno perso il lavoro, la casa, a causa della pandemia e della crisi economica… A Roma (ed anche in altre città) il freddo e il covid assediano i clochards: ora più difficile aiutarli ed i poveri sono in drammatico aumento

I degni funerali del clochard Robertino.
♦ Un’altra storia a Roma dove è morto Robertino, il senza dimora di 64 anni che ha avuto i funerali celebrati da due cardinali e 10 sacerdoti. Roberto Mantovani, originario di Verona ed ex calciatore della Hellas, dopo tante polmoniti si era trasferito al dormitorio della Stazione Termini dopo aver trascorso parte della sua vita in Piazza della Città Leonina, fuori le Mura Vaticane.
Lo chiamavano “Robertino”, e non è morto per freddo perché, negli ultimi tempi, aveva ascoltato la voce dei volontari e si era trasferito al dormitorio di Binario 95 alla Stazione Termini.
Il 25 mattina a Roma, nella parrocchia San Pio X ha avuto i suoi funerali con tutta la dignità possibile. A salutarlo nella parrocchia romana c’erano le persone che gli sono state accanto, dalla Comunità di Sant’Egidio ai volontari di Natale 365, agli ispettori di polizia che proprio nella Piazza della Città Leonina hanno il loro ufficio.
Ha presieduto il funerale il cardinale Krajewski,l’elemosiniere del Papa, concelebrando con il cardinale George Pell, monsignor Arthur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e una decina di sacerdoti.
“Era una persona allegra, solare, nei pranzi che facevamo faceva ridere tutti” – racconta a Vatican News il cardinale Krajewski – “Per questo era coccolato da chi lo conosceva. Si faceva voler bene, “donava le maglie di alcune squadre di calcio che teneva nella sua valigia”.
Il calcio era la sua passione. Originario di Oppeano, paese del veronese nel quale sarà sepolto accanto ai genitori, aveva avuto un passato calcistico nell’Hellas Verona; ma un infortunio gli aveva impedito di proseguire la carriera.

(fonte: cf Avvenire.it, 25 gennaio 2021 e altro web).

Quante volte abbiamo letto di barboni o clochards che sono morti senza battere ciglio: abbiamo scrollato le spalle, forse abbiamo fatto una rapida preghiera… ma di certo senza cambiare niente in noi. – E poi avviene che qualcuno di questi ultimi della società muore nelle nostre vicinanze, persino accanto alle chiese o alle stesse strutture di beneficenza. E allora si comincia ad aprire gli occhi. – L’esempio e la dedizione dei volontari che si occupano di questi fratelli in difficoltà siano di stimolo a risvegliare la nostra coscienza. Storie di questo genere diventano per tutti come pietre di inciampo su cui si va a sbattere per scuotersi dal torpore esistenziale della vita. Il nostro prossimo ci dirà fino a che punto noi siamo umani.

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