Fede e dintorni

Quel desiderio di perdonare

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Quel desiderio di perdonare.

– La “sacrilega” e interminabile guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ci interroga sul perdono.
– A chi tocca perdonare? Senza dubbio a Dio, che ci ha perdonato nel suo Figlio Gesù. E Gesù ci ha lasciato il comando: “Perdonate e vi sarà perdonato!”
– Ci tocca perdonare, e desiderare di perdonare è il confino estremo del perdono. E sul web c’è abbastanza letteratura per farcene una ragione.
– Perdonare non è un segno di debolezza, ma un atto di coraggio e di amore nei confronti di sé stessi.  Perdonare non è facile, ma è la più grande virtù che porta benefici a questo nostro mondo.
– Se vi fosse il perdono nella società, nella famiglia, nella comunità, la terra non sarebbe più come una gabbia di belve feroci, ma una oasi di pace, di Paradiso. – Il perdono ci rende simili a Dio che ci ama fino al punto di perdonare sempre, perdonare tutto, perdonare tutto sino all’oblìo.
– Bisogna imparare a perdonare, non tanto perché gli altri meritano il perdono, ma perché noi meritiamo la pace! Perdonare fa bene prima di tutti a noi.
– Senza il perdono di Gesù sulla Croce gli uomini potrebbero perdonarsi? Il perdono non è una tecnica, è un dono e un mistero: cercarlo significa già avvicinarsi. Siamo nell’Ottava di Pasqua e ci attende la domenica della Divina Misericordia. – Possiamo meditare sul perdono, il cui modello supremo resta quello di Gesù sulla Croce: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). – E scoprire i diversi cammini di perdono. Ognuno dovrebbe avere il proprio. Le testimonianze presentate in questo post dovrebbero farci riflettere.

Un perdono assai difficile, ma desiderato: la storia di Maïti Girtanner.
♦ Scrive Blanche Streb su aleteia.org: «Ci sono perdoni che ci appaiono sovrumani. Penso a quello di Maïti Girtanner, una giovane e coraggiosa partigiana che resistette al Nazismo nella Seconda Guerra Mondiale. Arrestata dalla Gestapo, divenne una delle cavie per i disumani esperimenti condotti da un “medico” nazista (qui le virgolette sono d’obbligo). Il suo carnefice spiava le proprie vittime quando queste si credevano sole».
♦ Infatti, pur essendo stata torturata da questo medico della Gestapo, la resistente cattolica e pianista Maiti Girtanner, è rimase nota per aver perdonato in nome della sua fede colui che era stato il suo carnefice: è morta poi a 92 anni.

Un desiderio matto di perdonare.
Le parole di conforto e di speranza che Maïti aveva per i suoi compagni di sventura lei le sentiva dentro. Fu data per morta per le durevoli ferite fisiche e psichiche inferte a lei nell’arco di mesi di tortura.
♦ Una volta liberata, scoprì l’immensità delle conseguenze e delle rinunce che le si sarebbero imposte. Non avrebbe più potuto suonare al pianoforte, non avrebbe avuto figli…
«Quel che non ero più, dovevo accettare di darlo pienamente», ha raccontato nella sua biografia “Même les bourreaux ont une âme” [Anche i boia hanno un’anima, N.d.T.], scritta con Guillaume Tabard (CLD 2006).

♦ Per quanto possa sembrare pazzesco, in quelle pagine la donna rivelò: «Molto rapidamente ho avuto un pazzo desiderio di poter perdonare quell’uomo».
Il perdono potrebbe sembrare una debolezza, eppure – sia per accordarlo sia per riceverlo – occorrono grande forza spirituale e coraggio morale a prova di bomba, come scriveva Giovanni Paolo II nel suo messaggio per la giornata mondiale della Pace del 2001.
♥♥ Questo cammino si compì in lei per la grazia.
Quarant’anni più tardi il medico, prossimo alla morte, cercò quella ragazza che nel suo Lager parlava dell’aldilà; la contattò, la visitò e sottovoce chiese “perdono”.

Il cammino del perdono.
♦ Il perdono non è l’oblio, anche se questo può aiutare nel voltare pagina, e non cancella in nulla il bisogno di giustizia. Le nostre vite sono costellate di perdoni dati e ricevuti.
Alcuni sono più difficili di altri da accogliere o da formulare.
Alcuni perdoni sembrano impossibili, talvolta non sono desiderati o non sembrano auspicabili né utili. Altre volte, a fronte di una ferita o di una ingiustizia ricevuta, nessuno ci chiede perdono.
Come perdonare allora?
Per Giovanni Paolo II il perdono è anzitutto una scelta personale, un’opzione del cuore che va contro l’istinto spontaneo di rendere male per male.
Il perdono è un cammino lungo e spesso doloroso.

Il perdono è un mistero.
Il perdono non è una tecnica, una merce o una transazione. Il perdono è un mistero. Cercarlo significa già avvicinarsi ad esso. Desiderarlo significa voler spezzare la catena del male.

♦ Tra le grandi ferite della mia storia, scrive ancora Blanche Streb, c’è quella di una serie di errori medici, che hanno comportato anche la perdita di un bambino… È tanto tempo che non aspetto più la benché minima richiesta di perdono per andare avanti: so che non arriverà.
♦ «Però, due anni fa, alla fine di una conferenza, si è avvicinata a me una donna assai commossa. Era ginecologa. Tenendo fra le mani il mio libro mi ha chiesto perdono, con tenerezza e nobiltà, «a nome di tutta la sua professione».
♦ Una donna che non aveva nulla a che fare con i miei casi, e di cui ignoro perfino il nome, mi ha stupita – e profondamente.
Così va la storia delle nostre vite, in cui tragico e meraviglioso – tanto spesso – si tengono per mano.

(fonte: cf Aleteia.org. Blanche Streb, 19/04/22).

Il perdono potrebbe sembrare una debolezza, eppure, sia per accordarlo sia per riceverlo, occorrono grande forza spirituale e coraggio morale a prova di bomba (Giovanni Paolo II). Il perdono è un mistero. Cercarlo significa già avvicinarsi ad esso. Desiderarlo significa voler spezzare la catena del male.- Anche desiderare di perdonare non sembrerà una pazzia. Ci renderà simili a Gesù sulla Croce che disse: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34).

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