“Assolti perché il fatto non sussiste”. Con queste parole gli avvocati Fabio Mirenzio e Sidney Arena (nella foto), foro di Vibo Valentia, in questo ore hanno informato gli studenti vibonesi, da loro assisiti, dell’esito del processo a loro carico, in ordine agli esami ed diplomi conseguiti a Catania ed a loro contestati. In particolare, molti ricorderanno, che era nell’uso di alcune scuole private, indicare agli studenti di trasferire la propria residenza nel Comune siciliano in modo da essere ammessi a sostenere gli esami scolastici presso determinati istituti paritari del luogo. Il gran numero di studenti che improvvisamente hanno iniziato a trasferire la propria residenza in Sicilia, hanno insospettito le autorità, che hanno aperto un’inchiesta e che le hanno fatto ritenere che in molti casi, i trasferimenti erano solo fittizi e che serviva ai ragazzi solo per essere ammessi a sostenere esami ed ottenere diplomi in certe scuole catanesi. Tutto pilotato, insomma, secondo gli investigatori, che hanno denunciato molti studenti e responsabili di scuole ed altre amministrazioni per false attestazioni, falsità ideologica e della falsità in atti in generale. In effetti, per essere ammessi a sostenere esami e conseguire diplomi nelle scuole paritarie riconosciute è necessario essere residenti nel Comune dove queste hanno sede o quanto meno aver frequentato quegli istituti. I motivi che poi, spingevano tanti ad andare a sostenere gli esami proprio li a Catania, resta un mistero, che molti affrontano con un po’ di immaginazione. In ogni caso, dopo oltre un anno d’indagine e quattro di processo, il Tribunale di Catania ha assolto gli imputati ritenendo appunto il fatto superato dal punto di vista penale e pronunciandosi conformemente a quanto avevano già sostenuto tempo fa gli avvocati Mirenzio ed Arena, che avevano contestato la legge che preveda una ingiustificata discriminazione tra studenti e che di fatto limitava la libertà degli stessi di sostenere esami nelle sedi che questi ritenessero più opportune. Ad avviso dei difensori tra l’altro la norma che imponeva la residenza obbligatoria nel luogo sede di esami era vistosamente contraria alle norme comunitarie in tema di uguaglianza e circolazione di persone. Sostenevano, infine, che è libertà di ognuno stabilire la propria residenza dove gli pare, e che è compito dei comuni contestarla a seguito di opportune verifiche e per specifici motivi. Sulla base, di questi, presupposti, ritenevano i legali degli studenti, che i ragazzi e tutti gli indagati non avevano commesso o dichiarato alcuna falsità, perché il Comune competente non han mai contestato a questi alcunché e quindi, e pertanto esaminata l’ulteriore documentazione, gli studenti ed i loro esami erano in regola. Per tutto questo tempo, molte persone, alcune delle quali, grazie ai titoli di studio così conseguiti lavorano o addirittura insegnano nelle scuole, hanno temuto di vedersi annullati i titoli. Ora invece, si sentono più rincuorati dalla lieta notizia. Viene ora da chiedersi, adesso, che il caso sembra giungere a questa positiva conclusione, cosa pensano quegli studenti, che, invece di affrontare il processo hanno deciso di patteggiare la pena e che per tutta la vita si porteranno dietro una condanna per un fatto che, come detto prima, non sussiste. In ogni, caso, questi assolti, fanno parte di un piccolo gruppo di imputati; bisognerà vedere se anche per gli altri processati per lo stesso fatto, il Tribunale di Catania seguirà lo stesso orientamento.
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