Fede e dintorni

Cristiani “antipatici”, purché sinceri e veri

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Cristiani “antipatici”, purché sinceri e veri.

I cristiani hanno una visione propria del mondo, dell’uomo, della donna, del matrimonio, dell’economia, della vita e della morte: questo li rende una presenza antipatica, a volte di fastidio e di disturbo.
– L’arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, nell’omelia per l’apertura dell’anno scolastico delle scuole Faes, ha donato preziosi suggerimenti in rima ai ragazzi: come conservare la propria identità tra chi li considera un “fastidio” o un “disturbo”.
Una sorta di manuale di sopravvivenza per i «cristiani antipatici», quelli che sono visti dagli altri come un “fastidio” o un “disturbo” e nonostante questo, ci tengono a restare se stessi. Anche seguendo il suo decalogo.
Già nel 1988 Monsignor Delpini, allora rettore del Seminario di Milano, aveva pubblicato per i seminaristi (e per i sacerdoti) un piccolo galateo pastorale per loro, un libretto che ebbe un grande successo: “Reverendo, che maniere!”

Le parole dell’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, ai giovani studenti.

A – I cristiani antipatici.
Bisogna riconoscere che ci sono momenti in cui i cristiani sono antipatici: non fanno niente di male, eppure molti li guardano come fossero un fastidio, un disturbo; non vengono a imporre niente, ma già il fatto che esistano genera il pregiudizio che siano invadenti; i cristiani – come è ovvio – hanno una visione cristiana del mondo, dell’uomo, della donna, del matrimonio, dell’economia, della vita e della morte: questo li rende una presenza antipatica.
Ci sono cristiani che si sentono a disagio quando si sentono circondati dall’antipatia o addirittura dell’odio.
Ma se hanno letto il vangelo, già sanno che devono aspettarselo. Dice infatti Gesù: sarete odiati da tutti a causa del mio nome (Lc 21, 17).
Quando si sentono a disagio cercano di rimediare in diversi modi. Alcuni si chiudono, stanno tra di loro, frequentano solo persone che la pensano come loro.
Altri si nascondono tra la folla, fanno finta di essere come tutti: pensano i pensieri altrui, dicono le parole che dicono tutti, cercano di rendersi simpatici cercando di non essere troppo evidentemente cristiani.
Altri fanno senza parlare, compiono gesti di carità senza dichiarare che lo fanno perché cristiani: in questo modo vivono con coerenza ma evitano discussioni. Non evitano però l’antipatia.

B – Un manuale di sopravvivenza.
Per essere d’aiuto ai cristiani che sono coscienti di essere antipatici, ma vogliono continuare a esserlo, con serenità e fierezza, offrendo la loro testimonianza con serenità e semplicità, ho pensato che si potrebbe scrivere un manuale per la sopravvivenza nei giorni dell’antipatia.
Si possono formulare alcuni capitoli di questo manuale che può essere di aiuto nell’anno scolastico, dentro e fuori la scuola.

1. Non mendicare simpatia, non venderti all’idolatria.
I cristiani vigilano per evitare di adeguarsi alle abitudini del tempo e quindi cercano di non lasciarsi sedurre dagli idoli, che sono costumi, pratiche di vita, risultati che chiedono sacrifici senza dare vantaggi: il denaro, il potere, il prestigio, la bellezza, ecc.

2. Se non percorri la via del sapere, ogni obiezione ti mette a tacere.
Di fronte alle accuse, alle insinuazioni, ai luoghi comuni nel leggere la storia, i cristiani possono rispondere, se sanno come sono andate le cose e se sanno i contenuti e gli argomenti della dottrina cristiana.

3. Se impari la preghiera, sei sereno mattino e sera.
I cristiani non sono cristiani perché portano un distintivo, ma perché hanno un rapporto vivo con Gesù: gli parlano, lo invocano, lo ascoltano. Cioè pregano.
In questa preghiera si stabilisce un rapporto personale che sostiene in ogni situazione e rende perseveranti vincendo ogni tentazione.

4. In amicizia e compagnia ogni paura vola via.
Da soli non si può andare avanti, non si può essere testimoni della fede che si professa. L’amicizia e l’appartenenza alla comunità danno energie, fiducia, intraprendenza e fantasia per perseverare in ogni situazione.

5. Ogni data situazione è ottima occasione.
Di fronte a una situazione è possibile lamentarsi, è possibile rassegnarsi, è possibile arrabbiarsi.
Ma il cristiano è convinto che in ogni situazione il dono dello Spirito Santo rende possibile dare testimonianza e vivere con coerenza.

6. Guarda lontano, per non finire nel pantano.
La vita cristiana non è una vita parcheggiata, non è una vita seduta su un divano.
Il cristiano guarda avanti con fiducia: vive nell’attesa della manifestazione del Regno. Sa che tutto passa e sarà distrutto, ma non quelli che vivono e muoiono nel Signore.

7. Ogni nemico può essere un fratello, ogni amico può essere un tranello.
Le persone mostrano talora delle apparenze che nascondono una verità o una menzogna che non si può cogliere all’istante.
Perciò anche nell’amicizia è necessario essere prudenti. Una persona ostile può cambiare atteggiamento; una persona amica può approfittare della fiducia e indurre al male.

8. Gesù ha dato a tutti salvezza e perdono, non giudicare: la vita è un dono.
Lo sguardo sull’ambiente in cui viviamo non deve essere ispirato dal risentimento.
Il mondo non corrisponde alle nostre aspettative, ma noi siamo chiamati a non giudicare, ma a condividere i sentimenti di Gesù per tutti e a considerarci chiamati a collaborare a dare acqua fresca a chi ha sete, prossimità vera a chi è solo, speranza a tutti.

9. Con il grazie comincia ogni mattino, con la gioia vivi ogni destino.
L’amicizia con Gesù, la fraternità dentro la comunità, la stima di sé perché abbiamo ricevuto una vocazione santa sono motivi sufficienti per riassumere nella gratitudine ogni giornata e ogni condizione che ci è data da vivere.

(fonte: cf Avvenire.it, martedì 8 ottobre 2019).

I cristiani hanno una visione propria del mondo, dell’uomo, della donna, del matrimonio, dell’economia, della vita e della morte: questo li rende una presenza antipatica, a volte di fastidio e di disturbo. – – L’arcivescovo di Milano, Monsignor Mario Delpini, nell’omelia per l’apertura dell’anno scolastico delle scuole Faes, ha donato preziosi suggerimenti in rima ai ragazzi: come conservare la propria identità tra chi li considera un “fastidio” o un “disturbo”. Già nel 1988 Monsignor Delpini, allora rettore del Seminario di Milano, pubblicò un piccolo galateo pastorale che ebbe un grande successo: “Reverendo, che maniere!”

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