Curiosità dalla storia

Curiosità dalla storia: dall’O. d. G. Grandi al processo di Verona

Dopo la seduta del Gran consiglio del 25 luglio ’43, il Duce rassegnò le dimissioni

Grandi: «Mussolini, la dittatura, il fascismo debbono sacrificarsi, […] debbono “suicidarsi” dimostrando con questo loro sacrificio il loro amore per la Nazione»

1) Benito Mussolini – 2) Ciano (a destra) con Hitler e von Ribbentrop – 3) Dino Grandi – 4) Galeazzo Ciano – 5) Giuseppe Bottai – 6) Dimissioni Mussolini

La mattina dell’11 gennaio 1944 si chiuse una pagina di storia ancora oggi piena di dubbi e di misteri, le cui tracce vanno ricercate nel clima politico che si respirava all’epoca e, più in profondità, nella spaccatura all’interno del Gran consiglio del fascismo. La mozione Grandi, discussa nella seduta del Gran consiglio del 25 luglio 1943, fu per Mussolini l’inizio della fine. Ma per capire meglio l’atmosfera in cui si svolse quell’incontro, bisogna fare un passo indietro. Già alla fine del 1942 si facevano sempre più insistenti le voci sulla possibilità concreta che il Duce, in un ottica non più filo tedesca, venisse sostituito. Ciano, appoggiato dagli industriali italiani, andava dicendo o lasciava dire troppo facilmente di essere l’erede di Mussolini, cosa questa che non tardò ad arrivare all’orecchio del Duce e bastò perché la diffidenza tra i due aumentasse. Grandi considerava finita l’esperienza fascista, mentre Bottai attribuiva la responsabilità solo al Duce, e per tale ragione voleva che Mussolini fosse sostituito.
Sempre nel 1942 i tedeschi subirono dure sconfitte in Russia e la situazione era difficile e in bilico per le forze dell’Asse, che col passare dei giorni erano sempre lontane da una vittoria finale della guerra.
Il 30 maggio del 1939 Mussolini aveva scritto ad Hitler: «Solo nel 1943 uno sforzo bellico può avere le più ampie possibilità di vittoria. Un periodo di pace è necessario all’Italia». Tre mesi dopo inizierà la Seconda guerra mondiale.
Nel 1940 Mussolini aveva rotto gli indugi e, sentendo il fascino del militarismo nazista dato che i tedeschi avevano conquistato in poco tempo gran parte dell’Europa, si era schierato con la Germania.
Scriverà Ciano nel suo diario: «Basterà la solidarietà di regime a tenere uniti due popoli che razza, civiltà, religione, gusti respingono ai poli opposti? Nessuno può accusarmi di ostilità alla politica filo tedesca, l’ho inaugurata io (firmatario, il 22 maggio del 1939, da ministro degli esteri con l’omonimo tedesco von Ribbentrop del Patto d’Acciaio ndr). Ma, mi domando, la Germania non va considerata piuttosto un terreno di manovra?». Un terreno di manovra… Ciano, ministro degli esteri dell’Italia fascista, era convinto di condurre lui il gioco, ma saranno gli italiani a cadere nella trappola tedesca. Nei suoi diari Ciano è pessimista e buon profeta. Fu tra i primi gerarchi a capire l’essenza mostruosa del nazismo, ma fece buon viso a cattivo gioco. Scriverà: «Dio solo sa quanto ho fatto per impedire l’alleanza con Berlino, che è ingombrante per il presente e preoccupante per il futuro». E ancora: «La guerra alleati alla Germania non deve farsi e non si farà mai, sarebbe un’idiozia e un crimine. Casomai converrà farla contro la Germania mai insieme». Bisogna dargli atto che come Grandi, Bottai e qualche altro gerarca aveva, per così dire, capito di che pasta erano fatti i tedeschi. La Germania doveva essere un terreno di moanovra. Così non fu. Ciano scrisse sulla invasione tedesca della Russia: «La brutalità germanica è spinta fino al crimine costante: massacri di intere popolazioni, stupri di donne, eccidi di bambini». Dal febbraio del 1943, Bottai, Ciano e Grandi non saranno più ministri. Si respira un’aria pesante. A breve gli alleati giungeranno in Italia. Grandi scriverà nei suoi diari qualche mese prima del fatidico 25 luglio: «Siamo noi che, indipendentemente dal nemico, dobbiamo dimostrarci capaci di riconquistare le nostre perdute libertà. […] Mussolini, la dittatura, il fascismo debbono sacrificarsi, […] debbono “suicidarsi” dimostrando con questo loro sacrificio il loro amore per la Nazione».

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Redazione
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