Attualità Fede e dintorni

Espiazione, risposta cristiana al mondo terrorizzato

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Espiazione, risposta cristiana al mondo terrorizzato.

Una riflessione piena di speranza per questo nostro mondo terrorizzato viene dalle esperienze di donne morte nei campi di concentramento nazisti. Quale risposta finale al male? L’espiazione volontaria ha un senso? O addirittura è la chiave di volta della nostra realtà? Cristo è morto “espiando” i nostri peccati. Chi si unisce a lui, può collaborare alla “espiazione del male. Ogni volta che si incontrano lacrime di dolore sulla terra, ogni persona può unire le sue lacrime per “espiare” e redimere il male che provoca quella sofferenza.  

Nelle storie di donne cattoliche e protestanti che seppero affrontare il nazismo si trova la risposta cristiana al mondo terrorizzato, afferma la scrittrice filosofa Hanna-Barbara Gerl-Falzovitz ripercorrendo le storie di tre donne morte nei campi di concentramento nazisti.
♦ Tra le donne, conosciute e non, che hanno preso sulle proprie spalle la croce per espiare i vizi e i crimini del terrore nazista, la più famosa è Edith Stein. Ma non è la sola.
Ci sono state altre donne, cattoliche e protestanti, candele nel buio. Hanno dato sangue e fuoco all’antico concetto del corpo mistico di Cristo. L’espiazione non è un’idea antiquata; è una risposta cristiana (femminile) al mondo terrorizzato.
♦ Nel suo articolo, Hanna-Barbara Gerl-Falzovitz ripercorre le storie di tre donne: l’operatrice sociale cattolica Marianne Hapig (1894-1973), la protestante Margarete Dach (1878-1946) e la cattolica Nanda Herbermann (1903-1979).
Espiazione
“Da qualche decennio è in corso un confronto teologico sul termine espiazione.
È davvero efficace farsi carico del debito altrui e cercare di arrestare il fulmine?
L’espiazione significa letteralmente: offrire penitenza per conto di altri.
Secondo san Paolo è questa la ragione più profonda dell’incarnazione di Cristo. È un pensiero imperscrutabile e noi facciamo parte del suo mistero. Non solo veniamo espiati noi peccatori; addirittura possiamo entrare nell’espiazione insieme con Cristo.
Ogni volta che ci sono delle lacrime, potrebbero anche essere mescolate a lacrime di gioia per questa possibilità in vece altrui”.
(fonte: cf osservatore Romano, 6 maggio 2017)

Tre donne, tre storie
Marianne Hapig (1894-1973)
Fu assunta nel 1921 come assistente sociale cattolica nel quartiere di Neukölln e nel 1925 come assistente sociale presso l’Ospedale di St. Hedwig, dove è rimasta impiegata fino al 1961.
Quando il vescovo di Meissen fu imprigionato dai nazisti nell’ottobre 1935 cominciò fino al 1945 a dare assistenza a perseguitati ed ebrei. Il suo impegno era per i prigionieri di Tegel, per le loro famiglie, per i lavoratori forzati e per gli ebrei a Berlino, ed è proceduto fino alle fasi finali della guerra con grande rischio personale e lesioni gravi.
Quali sono state le motivazioni e le ragioni di cui Marianne Hapig deliberatamente prendeva questi rischi ed ha cercato di aiutare tutte le persone che erano nel bisogno?
Dopo la guerra in un’intervista ella ha detto alla televisione tedesca: “Ogni volta che ho avuto a che fare con una persona povera nel bisogno, sentivo che Cristo chiedeva a me che io li aiutassi. Così Cristo mi ha incontrato nella persona di poveri, malati e carcerati”.

Margarete Dach (1878-1946)
Era moglie e madre. Durante gli anni del nazionalsocialismo è stata un faro per molti. Era il tempo in cui era necessario far capire alle nuove generazione la tragedia del nazismo e il comportamento dei cristiani in quella catastrofe spirituale. Sulla scia di Bonhoeffer Margarete Dach scrisse “Resistenza e redenzione“.

Nanda Herbermann (1903-1979)
È stata una scrittrice tedesca durante il periodo del nazionalsocialismo, molto critica del regime nazista. Prima della seconda guerra mondiale, fu internata in un campo di concentramento. Dopo la guerra riprese il suo lavoro come scrittrice.
Nel 1946 apparve il suo lavoro “L’abisso benedetto”. Prigioniera n. 6582 nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück in Germania: uno dei primi racconti biografici del tempo in un campo di concentramento.

L’espiazione volontaria ha un senso? Cristo è morto “espiando” i nostri peccati. Chi si unisce a lui, può collaborare alla “espiazione del male. Ogni volta che si incontrano lacrime di dolore sulla terra, ogni persona può unire le sue lacrime per “espiare” e redimere il male che provoca quella sofferenza. La testimonianza di storie eroiche di perdono e redenzione nei campi di concentramento.

Condividi l'articolo