Cultura e Società

La bisaccia del pellegrino

Rubrica religiosa settimanale a cura di P. Salvatore Brugnano

Pensieri sparsi per nutrire la mente e l’anima durante la settimana


Maggio 2011, quarta settimana: 22-28 maggio
1. Vangelo della domenica 22 maggio – Domenica 5 di Pasqua – Anno A –  Io sono la via, la verità e la vita.
2. Aspetti della vita – La calunnia e il legno verde.
3. Un incontro con S. Alfonso – Vescovo per obbedienza.
4. Vivere la settimana con la liturgia = 23-28 maggio 2011.
5. Curiosità calabresi del passato = Il falò e i suoi significati.

1. Vangelo della domenica – (Gv 14,1-12)
 Io sono la via, la verità e la vita.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
 
Gesù si presenta come colui che ci rassicura («non sia turbato il vostro cuore») e ci guida verso la casa del Padre, dove tutti possono trovare posto. La domanda di Tommaso: «Non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?», mostra come la natura umana non riesca ad afferrare Dio né a capirlo. È proprio questa nostra debolezza ad offrire a Gesù l’opportunità di allargare gli orizzonti della sua rivelazione.
La via, segno dell’orientamento da prendere è solo Gesù. Egli è la mèta e nello stesso tempo il mezzo per raggiungerla; il fine e la strada per arrivarci. Per questo Egli si proclama la via, la verità e la vita.
È l’unico punto del Vangelo in cui Gesù attribuisce a se stesso tre sostantivi. A chi cerca la strada Gesù propone se stesso. Così comprendiamo che la via non è solo un sentiero da percorrere ma una Persona da seguire; la verità non è un concetto da apprendere, ma una Persona da conoscere perché ci mostra Dio; la vita non è solo un dato biologico, ma una Persona che ci dona un amore da amare.  (Elide Siviero., in “La Domenica”).

Le ultime parole che si pronunciano alla fine della vita hanno un carattere particolare.. I patriarchi della Bibbia muoiono benedicendo la loro discendenza. Anche nel Vangelo di questa domenica si tratta di ultime parole. Parla uno che è consapevole di stare per morire. E colui che ne ha preso nota è convinto che quel morto è ancora in vita. Sono parole pronunciate in un profondo silenzio, parole indirizzate a uomini prigionieri, “tutt’orecchi”, in qualche modo. Noi potremmo ascoltarle anche come si ascolta una goccia d’acqua cadere in una grotta. Bisogna che chi ascolta sia assolutamente silenzioso per lasciar entrare in sé queste parole. Se noi ascoltiamo veramente, sentiamo parole di consolazione: “Non sia turbato il vostro cuore”. Parole di speranza: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti”. Parole di maestà: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Parole di vocazione esigente: “Chi crede in me compirà le opere che io compio”.
Non è facile per noi capire immediatamente queste parole. I discepoli che interrompono il Signore fanno delle domande smarrite. Non hanno ancora capito, eppure è già l’ora dell’addio. Sapremo noi capire meglio?  (La Chiesa.it)

2. Aspetti della vita
La calunnia e il legno verde
I calunniatori sono come il fuoco che annerisce il legno verde non potendo bruciarlo (Voltaire).

Penso che tutti i lettori appena sentono la parola «calunnia» si lascino tentare dall’eco della celebre aria del Barbiere di Siviglia di Rossini: «La calunnia è un venticello / un’auretta assai gentile / che insensibile sottile / leggermente dolcemente / incomincia a sussurrar».
Sulla scia di questo motivetto sarebbe facile far scorrere pagine e pagine di letteratura dedicate al tema. Infatti, per continuare coi versi – non certo memorabili poeticamente – di Cesare Sterbini, il librettista del Barbiere, la calunnia si irradia con una straordinaria forza propulsiva: «Piano piano, terra terra, / sotto voce sibilando, / va scorrendo, va ronzando, / nelle orecchie della gente / s’introduce destramente / e le teste e i cervelli / fa stordire e fa gonfiar».
Tutti siamo stati, credo, vittime e artefici di calunnie e si deve riconoscere che più l’accusa è inverosimile, meglio viene diffusa e ricordata.
Come giustamente osservava Voltaire nella frase che oggi ho proposto, la persona corretta che viene diffamata non può uscirne distrutta; tuttavia ne esce annerita, come accade al legno verde che non è combustibile. Da questa piaga non è indenne nessuno degli ambiti sociali, compresi quelli religiosi, nonostante il severo monito di Cristo: «Col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati» (Matteo 7,1).
Finirò con un episodio che mi è stato raccontato. Una persona non trovava più un oggetto prezioso. «È stato il ragazzo dei miei vicini: basta vederlo in faccia e come si muove e parla, è un ladro». Poi quell’uomo ritrovò il gioiello in fondo a un cassetto e concluse: «Ciò non toglie che avrebbe potuto rubarmelo proprio quel ragazzo!». (Mons. Gianfranco Ravasi in Avvenire del 17/05/2011).

3. Un incontro con S. Alfonso
Vescovo per obbedienza
S. Alfonso, che aveva fatto voto di non accettare dignità, riuscì ad eludere l’arcivescovato di Palermo proposto dal Ministro Tanucci al re Carlo III. In quella occasione il Santo confidò al venerabile p. Cafaro, suo direttore spirituale: “Il Re ha stabilito di eleggermi arcivescovo di Palermo; ma io piuttosto andrò ad intanarmi in un bosco che accettare una tale dignità”.
Ma il 9 marzo 1762 a Pagani giunse la nomina dal Papa. Alfonso, scattato in piedi, aprì, lesse e s’incupì nel volto al messaggio che lo colpiva alla sprovvista. Il plico consegnato gli notificava la destinazione alla cattedra di S. Agata dei Goti. La comunità redentorista con giubilo si precipitò da lui, che era Rettore Maggiore, per felicitarlo, ma rimase interdetta scorgendolo muto e disfatto. Il p. Ferrara, un letterato, per sfondare quel sipario funereo suggerì: “Reverendo Padre, datevi pace: può essere un segno di stima che potete declinare; queste rinunzie volentieri si accettano”.
Il Santo, afferrato un foglio e concentratosi, stese la lettera con la perizia di avvocato: ringraziato il Sommo Pontefice per l’augusta benevolenza ed esposta l’insufficienza propria, l’età avanzata, í malanni, metteva l’accento sopra l’obbligo di rifiutare “dignità, benefizi ed offizi di qualunque sorta fuori della Congregazione” come aveva professato con voto perpetuo secondo la Regola .
Affidato il documento al messo e congedatolo con una pingue mancia, trasse un sospiro di sollievo dichiarando al p. Corsano: “Ho dovuto perdere un’ora di tempo e quattro ducati per questa freddura… Non cangerei la Congregazione con tutti i regni del gran Turco”.
Ma la risposta che arrivò il 16 marzo 1762 non ammetteva replica: chiedeva l’obbedienza di accettare. Posto il plico ai piedi del Crocifisso e congiunte le mani, Alfonso chinò il capo commentando: “Questa è la volontà di Dio… Gloria Patri! Dio mi vuole vescovo, ed io voglio esser vescovo”.
Qualcuno si permise di interferire, ma egli rettilineo interruppe: “Non c’è possibilità di interpretazione: il Papa si è dichiarato in termini di obbedienza; bisogna obbedire!”. (Cf. Oreste Gregorio, Monsignore si diverte, Valsele Tip. 1987, pp.13-15)

4. Vivere la settimana con la liturgia =  (23-28 maggio) Liturgia delle Ore: I settimana

23 maggio (lunedì) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi  =  Non a noi, Signore, ma al tuo nome da’ gloria.  – Alla scuola di Gesù si impara ad amare fino al dono di sé. E si sperimenta di essere avvolti e riempiti dall’amore del Padre e del Figlio.
Letture bibliche alla Messa di oggi  =   Atti 14,5-18; Salmo 113B,1-4.15-16; Giovanni 14,21-26.
Santi di oggi  =  Sant’Efebo Desiderio; San Giovanni Battista de Rossi.
 
24 maggio (martedì) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi  =  I tuoi amici, Signore, proclamino la gloria del tuo regno. – Gesù lascia il dono della pace alla sua Chiesa. Non è la pace come pura assenza di conflitto. Anzi: anche nella lotta contro il “principe del mondo” – come Gesù nella sua passione – possiamo dimostrare il nostro amore per il Padre.
Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 14,19-28; Salmo 144,10-13.21; Giovanni 14,27-31a.
Santi di oggi  =  Beata Vergine Maria Ausiliatrice; San Vincenzo di Lerino.

25 maggio (mercoledì) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi  =  Andremo con gioia alla casa del Signore. – Un tralcio staccato dalla vite è morto. Così un cristiano separato da Cristo non è buono a niente. Se invece siamo uniti a lui, le stesse prove dolorose della vita non sono altro che “potature” per portare più frutto.
Letture bibliche alla Messa di oggi  = Atti 1 15,1-6; Salmo 121,1-5; Giovanni 15,1-8.
Santi di oggi  =  San Beda; San Gregorio VII; Santa Maria Maddalena de’ Pazzi.

26 maggio (giovedì) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi  = Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore. –  Il vero credente rimane nell’amore di Gesù e sperimenta la pienezza della gioia. Questo è il nostro stile di vita e il criterio delle nostre decisioni.
Letture bibliche alla Messa di oggi  =  Atti 15,7-21; Salmo 95,1-3.10; Giovanni 15,9-11.
Santi di oggi  =  San Filippo Neri, sacerdote; San Lamberto di Vence.
 
27 maggio (venerdì) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi Ti loderò fra i popoli, Signore. – Se ci capitasse di smarrire la nostra identità cristiana, ricordiamoci del comandamento di Gesù: amatevi vicendevolmente come io ho amato voi, fino a dare la vita.
Letture bibliche alla Messa di oggi  =   Atti 15,22-31; Salmo 56,8-12; Giovanni 15,12-17.
Santi di oggi  =  Sant’Agostino di Canterbury; San Bruno Restituto.

28 maggio (sabato) – Colore liturgico: bianco
Pensiero dalle letture bibliche di oggi Acclamate il Signore, voi tutti della terra. – Possibile che coloro che portano il messaggio evangelico dell’amore siano odiati e perseguitati? Possibilissimo! Basta ricordarsi del Maestro. A lui noi apparteniamo, non al mondo.
Letture bibliche alla Messa di oggi  =   Atti  16,1-10; Salmo 99,2-3.5; Giovanni 15,18-21.
Santi di oggi  =  San Germano; Santa Ubaldesca; Beata Maria Bartolomea Bagnesi.

5. Curiosità calabresi del passato
Il falò e i suoi significati
Il falò, che unitamente alle luminarie ed ai fuochi d’artificio esprime la letizia che inonda il cuore del popolo, trae la sua origine da qualche rito pagano, che anticamente doveva celebrarsi in Tropea. Esso ci richiama alla memoria i fuochi purificatori che i pastori accendevano nelle feste romane ataviche, dedicate alla Dea Pale e perciò dette Palilie, per poi attraversarli saltandovi sopra. Ci fa ricordare i fuochi che ancor oggi i pastori di S. Agata d’Esaro (Cosenza) accendono la sera del 13 dicembre d’ogni anno. Costoro, dopo aver svelto nelle campagne alcuni pagliai, li portano infilati a dei pali davanti alla chiesa di S. Lucia, accompagnati dal suono della zampogna. Poi successivamente a ciascuno di essi vi appiccano il fuoco e, mentre arde la fiamma, si dispongono in giro a compiere il rito chi sonando, chi danzando e chi cantando inni alla santa. Dopo che si sono acquietate un po’ le fiamme, cominciano a saltare successivamente su ciascun dei roghi e dan termine alla festa con mimiche rappresentazioni.
Fuochi simili da tempo immemorabile, in certi dati giorni dell’anno, si usano accendere in quasi tutte le parti d’Italia e d’Europa.  In Varapodio (Reggio Cal.) sette giorni prima della vigilia di M. SS. del Carmine, nel luogo detto Chiazza abbasciu (Piazza di giù) dopo il tramonto accendono un rogo, che vien detto U signu (il segno). Lo stesso avviene nell’altra località detta Chiazza ammunti (Piazza di su) nel mese di ottobre per la festa del Rosario e mentre le fiamme ardono e la musica suona, i ragazzi fanno a gara a saltarlo….
Forse verrà un giorno in cui questi segni  saranno spazzati via dalla crescente marea delle forze morali, intellettuali e sociali, che porteranno la specie umana verso una nuova e sconosciuta meta. Allora i posteri potranno sentire come un naturale rincrescimento per lo sparire di queste cerimonie, che in loro sarà certamente diminuito al ricordo che esse ebbero la loro origine nell’ignoranza e nella superstizione, tanto più che noi oggi le consideriamo come un monumento di vana ingenuità e di speranze appassite.
(Giuseppe Chiapparo, in Etnografia di Tropea – Scritti demologici e storici, M.G.E. 2009, p. 98-99).

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