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PD: verso il congresso

La parola a Maria Domenica Vita

Candidata alla costituente Nazionale primarie PD 2007

Maria Domenica Vita – foto archivio Tropeaedintorni.it

I circoli che non esistono andranno a celebrare i loro congressi. Privati cittadini, sempre vissuti al riparo dai riflettori della politica, molti dei quali ignorando di fare parte della grande famiglia, si vedranno a giorni recapitare la fatidica lettera. Forse! Perché a Vibo circola voce che dei monti di denaro raggranellati nelle varie puntate del tesseramento, non siano rimasti nemmeno i soldi per i francobolli: sono stati spesi chissà come chissà quando da chissà quale alto dirigente di un partito che non ha ancora quadri dirigenziali che possano autorizzare alcunché di spesa.
Ah già: i commissari territoriali; ah si: l’evanescente segretario regionale di cui si hanno almeno nome e foto da passare a Federica Sciarelli. E poi, per noi umili tesserati vermi della terra, ci sono le regole: quelle che “non sappiamo chi” fa a proprio uso e consumo e che “non sappiamo chi” corregge in itinere quando si accorge che il proprio comodo non si accomoda del tutto. Le primarie, le mozioni: mi sento spettatrice di un canovaccio di plautina memoria in cui le maschere del siparietto trottolano a vuoto affannosamente; mi sembrano piccole insignificanti formiche sovrastate dall’immagine gigantesca e incombente del Signor B, col suo tipico sorrisetto sornione. Questo è quel che vuole, mentre gode indisturbato le grazie delle sue fanciulle: con questa sinistra vincerà le elezioni anche dalla tomba. Eppure qualcosa va fatta con urgenza. Vivo con vergogna in Italia; ancor più vergognandomene, in Calabria. Mi sembra di camminare sulle uova, di sprofondare in un’immensa palude di sfasciume: ospedali fatiscenti dove si va a morire, incoscienza e ignoranza nel pubblico impiego, burocrati ignoranti e strapagati, la scuola distrutta, le infrastrutture e i servizi inesistenti, le ronde e la demonizzazione degli immigrati… mentre nel PD moribondo anziché unire le forze per trovargli la cura, si litiga su come sezionarne il cadavere. Almeno, il PD della mia provincia avrò la soddisfazione di sapere com’è morto: di corto circuito per accumulo di correnti. Verrebbe da pensare ai polli di Renzo, se non fosse che i nostri polli smettono di beccarsi fra di loro quando c’è da beccare tutti assieme il becchime generosamente offerto dai contribuenti. I palazzi, da quelli comunali a quelli ministeriali e di governo, sono ormai ricettacolo e pascolo di un virus alieno resistente ad ogni tipo di vaccino. E’ inutile il sacrificio di qualche temerario che riesce ad infilarsi tra le crepe del palazzo persuaso (lo sono tutti, all’inizio) di possedere l’antidoto ai morsi del venefico virus: lo vedi, appena guadagnato l’interno di detto palazzo, inesorabilmente contagiato esternare l’inconfondibile sintomatologia; né chi dismette volontariamente o involontariamente la carica riesce a decontaminarsi: per lui viene creato un ennesimo ente inutile, un gabinetto ad hoc di cui farlo diventare capo (suggerisco la nomina di qualche trombato a “capo di gabinetto mare pulito”: il nostro mare durante l’estate pullulava di funzionari di gabinetto ansiosi di essere coordinati). Penso, cioè, che è inutile metter qualche mela buona in un cestino che straripa di mele marce; marce anche solo per averci preso troppo gusto a stare dentro il cestino. Bisogna guardarsi in giro per selezionare la frutta migliore, ma prima è necessario svuotare il cestino scuotendolo ben bene. E’ questa l’anima della questione morale evocata da Ignazio Marino. Questo spettrale terrificante fantasma che minacciosamente ricorda agli abitanti del palazzo e ai tirapiedi disseminati lungo le vie dello stivale, sapientemente “radicati sul territorio” che la politica è sevizio, dedizione e sacrificio. Non è fatta per diventare ricchi, potenti e dispensatori di favori; non fa collocare i propri protetti ma anzi soggioga in modo più rigido all’imparzialità. Questo io ritengo che sia l’incipit da cui come un domino prendono il via tutte le altre tessere: sanità, giustizia, scuola, perequazione sociale, iniziativa di rilancio economico. Scelgo Marino perché ho bisogno di fidarmi ancora, ho necessità di non darla vinta alla diffidenza. Scelgo Marino perché è il solo dei tre che promette di volere il mio stesso incipit ed è il solo dei tre che, promettendo, non mi ha potuto ancora deludere.

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