Fede e dintorni

Un martirio che ha illuminato il buio di Auschwitz

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Un martirio che ha illuminato il buio di Auschwitz.

– Oggi è il giorno di San Massimiliano Maria Kolbe, martire del nostro tempo. – Polacco, entra nell’ordine dei francescani svolgendo un intenso apostolato missionario in Europa e in Asia.
– Nel 1941 è deportato ad Auschwitz dove è destinato ai lavori più umilianti, come il trasporto dei cadaveri al crematorio. Qui offre la sua vita di sacerdote in cambio di quella di un padre di famiglia, suo compagno di prigionia. – Muore pronunciando “Ave Maria” il 14 agosto dopo due settimane di torture.
– Con il suo martirio, ha detto Giovanni Paolo II, egli ha riportato «la vittoria mediante l’amore e la fede, in un luogo costruito per la negazione della fede in Dio e nell’uomo»; e lo ha chiamato «patrono del nostro difficile secolo». Il suo martirio ha illuminato il buio di Auschwitz.
– La sua figura si pone al crocevia dei problemi emergenti del nostro tempo: la fame, la pace tra i popoli, la riconciliazione, il bisogno di dare senso alla vita e alla morte. – Tra i tanti temi suscitati dalla sua vicenda, eccone alcuni da ricordare.

La beatificazione.
♦ La storia della sua vita e l’eroismo con cui morì resero padre Massimiliano Maria Kolbe molto famoso in tutto il mondo. L’autorità della Chiesa ha quindi vagliato attentamente le prove in merito a partire dal 12 marzo 1959, quando, durante il Concistoro pubblico, venne esposta in presenza del Papa san Giovanni XXIII la sua causa di beatificazione: fu introdotta il 16 marzo 1960, ma non per indagare il martirio, bensì l’eroicità delle virtù.
Il 23 settembre 1961 fu quindi aperto il processo apostolico nella diocesi di Padova, cui si aggiunse quello nella diocesi di Cracovia; vennero convalidati il 6 giugno 1964.
Secondo la legislazione del tempo in materia delle cause dei Santi e il Canone 2101 dell’allora Codice di Diritto Canonico, non si poteva procedere con la discussione sull’eroicità delle virtù del candidato agli altari prima che fossero passati cinquant’anni dalla sua morte.
Tuttavia, dietro richiesta comune dei vescovi polacchi e tedeschi, il Beato Paolo VI accordò la dispensa il 13 novembre 1965. Il decreto con cui padre Kolbe otteneva il titolo di Venerabile venne dunque autorizzato il 30 gennaio 1969.
Sempre per la legislazione dell’epoca, occorrevano due miracoli per la beatificazione: indagati nelle rispettive sedi, vennero ufficialmente riconosciuti il 14 giugno 1971.
Il 17 ottobre successivo, proprio nel giorno in cui si ricordava l’anniversario di fondazione della Milizia dell’Immacolata e nel corso del Sinodo dei vescovi sul sacerdozio ministeriale, papa Paolo VI dichiarava Beato padre Massimiliano Maria.

La canonizzazione come martire della carità.
Sette anni dopo, ad Assisi, il primo Pontefice polacco, san Giovanni Paolo II, definiva informalmente il Beato Massimiliano Maria Kolbe “patrono del nostro difficile secolo”. Ripeté quell’affermazione nell’omelia della Messa presso il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau del 7 giugno 1979.
La grande stima che nutriva per lui gli fece quindi accogliere favorevolmente un’altra richiesta dell’episcopato tedesco e polacco: che venisse venerato come martire.
Così, il 10 ottobre 1982, in piazza San Pietro, poté ufficialmente dichiararlo Santo “per testimonium caritatis heroicis”, ossia “in base all’eroica testimonianza della carità”. Si tratta del primo santo che visse il martirio durante il regime nazista.

L’eredità spirituale.
L’insegnamento di san Massimiliano Maria Kolbe è stato recepito e continuato nella Chiesa anzitutto dalla Milizia dell’Immacolata, che nell’80° anniversario di fondazione, il 16 ottobre 1997, è stata riconosciuta associazione pubblica internazionale di fedeli.
Oggi, a cent’anni dai suoi inizi, è presente nei cinque continenti, in 46 paesi, con 27 Centri Nazionali e numerose Sedi. Il totale dei membri iscritti si aggira sui quattro milioni.
♦  Anche il Cavaliere dell’immacolata è diffuso in più lingue e in tutto il mondo. Anche le due Città dell’Immacolata in Polonia e in Giappone sono ancora operative.
Inoltre un suo confratello, padre Luigi Faccenda, ricevette l’impegno di occuparsi della MI a Bologna,dopo la seconda guerra mondiale.
Dopo aver riconosciuto che alcune ragazze iscritte intendevano vivere la consacrazione a Dio seguendo la spiritualità mariana e missionaria propria del Santo, fondò l’11 ottobre 1954 l’Istituto Secolare Missionarie dell’Immacolata Padre Kolbe, che ha ottenuto l’approvazione pontificia il 25 marzo 1992.
Infine, negli anni successivi al Concilio Vaticano II, padre Stefano Maria Manelli ha dato l’avvio ai Francescani dell’Immacolata, approvati a livello pontificio nel 1990. Questa famiglia religiosa, che comprende frati, suore e laici, riconosce in padre Kolbe un modello per la propria azione evangelizzatrice al servizio della Vergine Maria. [Negli ultimi tempi è stato oggetto di commissariamento da parte della samta Sede]

Il culto.
Con decreto del 25 marzo 1983, la Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto Divino ha stabilito che la memoria liturgica di san Massimiliano Maria Kolbe, già fissata al 14 agosto, giorno della sua nascita al Cielo, diventasse obbligatoria per la Chiesa universale.
I suoi resti mortali, come detto, sono stati ridotti in cenere e dispersi, ma la sua cella nel campo di Auschwitz è diventata meta di pellegrinaggio.
(Fonte: santiebeati.it).

Massimiliano Maria (Raimondo) Kolbe, fu sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, fondatore della Milizia di Maria Immacolata, e martire della carità. Arrestato, fu deportato in diversi luoghi di prigionia e, giunto infine nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, si consegnò ai carnefici al posto di un compagno di prigionia, offrendo il suo ministero come olocausto di carità e modello di fedeltà a Dio e agli uomini. – Il 10 ottobre 1982, in piazza San Pietro, fu dichiarato Santo per la sua eroica testimonianza della carità. E’ il primo Santo canonizzato per il martirio subito durante il regime nazista. Ma lo seguiranno in molti. Nel campo di Dachau ben 1.034 sacerdoti e religiosi vi hanno trovato la morte nelle baracche della morte.

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