Da una lettera di s. Alfonso de Liguori del 29 dicembre 1732, scritta quindi meno di due mesi dopo la fondazione della Congregazione dei Redentoristi (9 XI 1732) — detti allora «Padri del SS.mo Salvatore» —, sappiamo che già allora il vescovo di Cassano allo Ionio si era rivolto a lui per poter usufruire dell’opera dei padri nella sua diocesi. Purtroppo questa lettera di Alfonso a mons. Tommaso Falcoia, vescovo di Castellammare di Stabia negli anni 1730-1743, è andata perduta, ma fortunatamente il primo biografo del Santo, P. Antonio M. Tannoia, ce ne ha tramandato un brano. Dal quale risulta che i vescovi di Caiazzo, Cassano e Salerno desideravano avvalersi dell’opera apostolica del nuovo Istituto (1).
La formula del premio letterario “Giuseppe Berto”, che giunge quest’anno alla XX edizione, cambierà dopo ben cinque anni per tornare ad essere un concorso interamente italiano. Da quest’anno, infatti, decade la seconda sezione, che era dedicata alla narrativa straniera, per puntare tutto sugli scrittori italiani esordienti, più o meno giovani.
Questa scelta è volta, ovviamente, a rafforzare il ruolo del premio, teso a valorizzare l’opera prima di un autore redatta in lingua italiana, nonchè a promuovere la narrativa contemporanea.
Alle ore 19,30 del 6 agosto p.v. il Cafè de Paris di Piazza Ercole, a Tropea, ospiterà la presentazione del libro “Avvelenati” edito da Città del Sole e scritto a due mani da Giuseppe Baldassarro e Manuela Iatì. Il libro, di cui già se ne è parlato al Premio letterario Città di Tropea, è la creazione letteraria di due giornalisti calabresi Baldassarro, redattore del giornale “Il Quotidiano della Calabria” e corrispondente di “La Repubblica”, e la Iatì giornalista di Sky tg24 che da anni si occupano di raccontare fatti di criminalità e malaffare in terra di Calabria.