Fede e dintorni

La pratica della fede nella Cina del coronavirus

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

La pratica della fede nella Cina del corona-virus.

– Il popolo cinese sta sorprendendo l’opinione pubblica mondiale per l’ordine e la disciplina con cui sta affrontando questi giorni terribili dell’epidemia del corona-virus.
– Le autorità controllano che nessuno esca da casa. Da pochi giorni, esce dal villaggio solo chi ha un lavoro all’esterno. Messe e attività religiose cancellate fino a nuovo ordine dell’Ufficio affari religiosi. Il racconto della vita quotidiana di un villaggio della Cina centrale, nell’era del coronavirus. – Ed anche a livello di fede: «Vi racconto il Vangelo al tempo del virus. Il virus ci ha isolati, la gente ha paura», racconta un sacerdote, Padre Pietro, sui social che ha potuto utilizzare. – La testimonianza toccante di un parroco da un villaggio della Cina centrale: «Le messe sono state cancellate, qualcuno le celebra sullo smartphone. Io invito semplicemente a pregare per i medici». .

La testimonianza di Padre Pietro all’agenzia Asianews.
♦ «Tutte le attività della nostra parrocchia sono state fermate. Abbiamo cancellato la messa quotidiana. Ogni domenica domandiamo ai fedeli di trovarsi in famiglia a leggere la Bibbia, a pregare per il personale medico, specie quelli di Wuhan, a pregare per la conversione delle persone».
♦ Si firma genericamente Padre Pietro, il parroco di un villaggio della Cina centrale la cui toccante testimonianza è stata pubblicata stamane dall’Agenzia Asianews. Un racconto toccante di come la popolazione sta affrontando il «disastro» del coronavirus, come lo chiama il sacerdote, e di come siano mutate profondamente tutte le abitudini quotidiane, a cominciare dalla preghiera.

Un capodanno in isolamento.
♦ «Il Nuovo Anno cinese del 2020 è giunto in modo totalmente inaspettato. Dall’inizio dell’anno fino ad oggi il tempo sembra essere sospeso. Tutte le nostre vite sono state interrotte con forza, lavoro e studio messi sottosopra.
Ci chiedono di stare in casa e di non uscire e andare in giro. Ci chiedono di indossare maschere, lavare le mani con frequenza, non partecipare a nessuna attività di gruppo. Ma sono già passati 20 giorni.
La realtà è un po’ diversa da quanto si dice in tv, perché siamo sempre più isolati, quasi completamente isolati. In particolare, negli ultimi giorni, ci hanno chiesto di uscire dal villaggio. Hanno misurato la temperatura a tutti e a tutti hanno chiesto la registrazione con la nostra carta d’identità. Se tu sei un impiegato, devi mostrare il certificato della tua azienda quando entri o esci dal villaggio; se tu non sei un impiegato, sei costretto a stare in casa, non ti è permesso di andare in giro, non puoi conversare in strada, non puoi visitare amici e vicini».

Sospesa la vita comunitaria dei credenti.
Nell’isolamento totale e nell’impossibilità di entrare in contatto con le altre persone, anche la vita comunitaria dei credenti è inevitabilmente compromessa: «Dal giorno in cui abbiamo cancellato le messe, fino ad oggi, il dipartimento delle religioni ha diffuso documenti in cui si avvisa che non possiamo riprendere a celebrare messa fino a nuovo ordine: dobbiamo aspettare che essi ce lo dicano.
Trovo così strano – confessa padre Pietro – che tutte le nostre attività religiose siano controllate da loro in modo così capillare. Che si faccia la messa o che non la si faccia, dobbiamo sempre seguire i loro programmi».
D’altronde «non abbiamo strumenti professionali per dare la possibilità alla gente di seguire in diretta la messa in tv, come fanno a Hong Kong e a Macao» continua il parroco.
Racconta di aver saputo che alcuni sacerdoti usano il loro cellulare per trasmettere la messa che celebrano: «Io trovo che sia una cosa alquanto buffa per i fedeli assistere alla messa coi loro cellulari in mano, mentre siedono sul divano. Da parte mia, trovo più appropriato incoraggiare i fedeli a leggere la Bibbia e a pregare insieme. Dopo tutto, il coronavirus passerà e la fine del mondo non è così vicina! Se la fine del mondo arriva, è meglio leggere la Bibbia che assistere alla messa dal cellulare».

«Questa è la nostra vita di tutti i giorni – conclude padre Pietro -. Alcune persone sono angosciate: temono che esse e le loro famiglie saranno infettate dal virus; altre attendono con la speranza che il disastro finisca presto, altre ancora sono preoccupate perché hanno bisogno di trovare un lavoro e impegnarsi per sostenere la vita della loro famiglia.
Io vi chiedo di pregare la misericordia di Dio perché questo disastro si conclude il più presto possibile, così che noi cinesi possiamo ritornare alla nostra vita normale e al nostro lavoro».

(fonte: Avvenire.it, 14 febbraio 2020).

Nella Cina del corona-virus Messe e attività religiose sono state cancellate fino a nuovo ordine dell’Ufficio affari religiosi. Il racconto della vita quotidiana di un villaggio della Cina centrale, nell’era del corona-virus è drammatico, anche a livello di fede: «Vi racconto il Vangelo al tempo del virus. Il virus ci ha isolati, la gente ha paura», racconta un sacerdote, Padre Pietro, sui social che ha potuto utilizzare: «Io vi chiedo di pregare la misericordia di Dio perché questo disastro si conclude il più presto possibile, così che noi cinesi possiamo ritornare alla nostra vita normale e al nostro lavoro».

 

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