Cultura e Società Politica

L’intervista all’ex sindaco di Tropea Domenica Cortese (II parte)

Sulle dimissioni: «Alcune cose non erano più condivise nell’ambito della maggioranza»

«Ho sbagliato qualcosa. Sarei una perfetta idiota se dicessi di aver fatto tutto in maniera perfetta. Solo Dio fa le cose perfette, non l’uomo. Ma quello che ho lasciato è stato dilapidato nel giro di pochi anni»

Domenica Cortese, ex sindaco di Tropea

Veniamo allo scioglimento del comune di Tropea per infiltrazioni mafiose. Qual è il suo pensiero in proposito?
«Ho ringraziato pubblicamente chi aveva vinto il ricorso: il sindaco Rodolico, Rosalia Rotolo e Romana Lorenzo. Invitai il mio amico Rodolico a rassegnare le dimissioni. Gli dissi pubblicamente che quelli che gli chiedevano di rimanere perché si doveva affrontare la stagione estiva erano quelli che se si dovevano prendere due o tre metri quadrati in più se li sarebbero presi comunque a prescindere dalla presenza o meno del sindaco. Sono rimasta colpita dallo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. Quando si sciolgono i comuni con questa dicitura è perché ci sono delle eventualità che si potrebbero verificare. Fermo restando che va cambiata la legge che regola lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose, vanno fatte modifiche richieste ormai da anni. Se ci sono dei pericoli di infiltrazioni mafiose nei comuni non riguardano solo gli organi politici ma anche e soprattutto i vari uffici e le varie dirigenze. Andrebbe parimenti colpito l’apparato burocratico e strutturale dei comuni. Loro sono i detentori dei problemi, delle carte e degli strumenti, mentre il politico cambia. Bisogna inoltre che ci sia un registro nazionale di Prefetti in pensione che vengano chiamati a reggere le sorti dei comuni commissariati e siano presenti sette giorni su sette nei comuni che andranno ad amministrare. Io andai a parlare con i commissari e ricordo che avevano ribadito in un’intervista che l’ostacolo più grande che avevano trovato arrivati al comune era l’impianto burocratico completamente assente. E se la macchina burocratica non “vuole” farti arrivare un documento, non lo troverai mai».

Qual è il suo giudizio sui commissari?
«Hanno trovato una situazione difficile e avrei voluto con tutto il cuore che avessero dato un esempio, ossia andando a rimuovere delle situazioni di inciviltà che più o meno tutti hanno notato e di non rispetto delle regole».

Ormai è storia, ma se tornasse indietro, nel periodo in cui era sindaco di Tropea, rifarebbe tutto quello che ha fatto?

«Ho sbagliato qualcosa. Sarei una perfetta idiota se dicessi di aver fatto tutto in maniera perfetta. Solo Dio fa le cose perfette, non l’uomo. Ma quello che ho lasciato è stato dilapidato nel giro di pochi anni. Io ho lasciato Tropea con le tre 5 vele consecutive, Tropea presente nelle 10 città dei sapori, Tropea presente nei 10 Borghi più belli d’Italia, Tropea presente nelle testate giornalistiche nazionali come una delle località più ambite turisticamente parlando. Da allora non ho più visto il riproporsi di queste azioni che credo fossero state positive per l’immagine di Tropea. Certo, altre cose avrei voluto fare, e cioè portare a termine delle cose molto importanti, ossia i colloquio molto fruttuosi con il ministero dei Beni Ambientali per il risanamento della Rupe con dei progetti che dovevano essere solo finanziati con la riqualificazione non solo della Rupe – una parte della Rupe che non era stata rivalutata e che andava da fronte Isola fino alla zona del cimitero – con l’acquisizione del secondo ascensore di piazza Cannone, oltre al primo ascensore nella zona del Liceo scientifico con un protocollo d’intesa per realizzare dei lavori che avrebbero anche comportato il risanamento degli allora campeggi e la loro riqualificazione in strutture diverse. Era un discorso impostato al ministero dei Beni Ambientali e sarebbe dovuto proseguire a livello locale con Loiero che si era insediato da poco come Governatore della Calabria. Avevamo iniziato con colloqui che avrebbero dovuto portare alla fattibilità di quanto ho già detto sopra. L’altro punto che non è stato più portato avanti, ma è stato accantonato, era l’acquisizione avvenuta al patrimonio comunale del Palazzo Giffoni, che fu lasciato poi in seguito ad un protocollo sottoscritto da un sindaco che è venuto dopo di me con la Regione per l’istituzione di una pseudo sede Universitaria che non ha mai visto la luce e che avrebbe portato Palazzo Giffoni ad essere acquisito a un patrimonio che non sarebbe stato più pubblico ma privato. Il progetto era quello di fare una società pubblico-privata a maggioranza privata con dei progetti importanti perché noi vedevamo il centro storico con il Palazzo Giffoni ristrutturato e dato ai privati, con l’ascensore, con i finanziamenti che si potevano ottenere per il completamento del Porto come un unicum dello sviluppo della città da un punto di vista turistico, di un turismo di una certa qualità. Allora si iniziava a parlare di B&B, allora si iniziava a parlare di sistemi turistici locali, e noi siamo stati i primi e gli unici della Regione Calabria a portare il primo progetto sui sistemi turistici locali all’ultimo assessore al turismo calabrese che è stato il dottore Beniamino Donnici. Noi avevamo costituito il sistema nell’ambito dei sistemi turistici locali, quello della Costa degli Dei che andava da Nicotera a Pizzo, con comune capofila Tropea».

Ma questo progetto non si potrebbe recuperare?
«Il senatore Mangialavori si è fatto carico di presentare un disegno di Legge al Senato, per quanto gli compete, e l’Onorevole Santelli alla Camera, per quanto le compete, che parla, a mio modesto modo di vedere, di una rivisitazione di quel progetto del sistema turistico locale, con un piccolo particolare: il comune capofila sarà Vibo Valentia, perché considerano capofila il comune con più abitanti. Ogni comune esprimerà dei rappresentanti nell’ambito del Consiglio di amministrazione che si andrà a fare, ci sarà un budget per legge suddiviso in base al numero di abitanti. Questo è un superamento del vecchio sistema turistico locale, d’altra parte mai attuato perché il nuovo Governatore non continuò su questa idea nell’ambito turistico e tutto rimase scritto e basta. Allora c’era un pensare ad un turismo costiero e ad un turismo dell’entroterra. Bisogna parlare di turismi, cioè tante azioni che si inseriscono nel calderone del turismo. Queste furono le cose che lasciai e che non furono portati avanti. Da alcuni programmi che ho letto nelle ultime comunali, alcuni candidati a ricoprire la carica di sindaco e l’attuale sindaco pensano di poter trarre qualche idea che a suo tempo ebbi. Spero con tutto il cuore che portino alla luce gli ascensori, che pensino al progetto Rupe anche considerando il contesto».

Lei quando era sindaco di Tropea ha rassegnato le dimissioni. Perché?
«Allora mi sono dimessa da sindaco di Tropea, perché alcune cose non erano più condivise nell’ambito della maggioranza. E siccome io ho sempre creduto che esiste una maggioranza e una opposizione, non ho accettato l’aiuto che mi era stato paventato dall’allora opposizione, di recedere nella mia idea di dimissioni, perché loro sarebbero passati con me, con la maggioranza. Non è nel mio modo di pensare».

Quando lei ha rassegnato le dimissioni ha giocato un ruolo importantissimo l’ex sindaco Vallone. È stato proprio lui a non darle il suo appoggio. È andata così? Che cosa ha significato per lei questo percorso politico con il prof. Vallone? Alla fine si era rotto qualcosa nel rapporto tra lei e Vallone oppure più semplicemente siete giunti ad un punto in cui avevate un modo diverso di intendere la politica?
«Prima di parlare di rapporto politico bisogna parlare di rapporto umano. A prescindere dalla politica c’è stato un rapporto umano. Io sono stata, diciamo, prestata alla politica. Se pensa bene al periodo in cui siamo stati eletti, le ricordo che veniamo dopo Mani pulite. Dopo Mani pulite c’era bisogno di “facce nuove” della società civile. I partiti non andavano più di moda. È una cosa che si sta ripetendo oggi. Adesso si chiamano movimenti, a quel tempo si chiamavano partiti. Allora c’era bisogno di gente che non aveva mai fatto politica attiva, e noi appartenevamo tutti, la maggior parte della compagine che fu eletta la prima volta, a questa categoria. C’erano esponenti politici di vecchio stampo e accanto a loro c’eravamo noi, allora giovani ex alunni del prof. Vallone che abbiamo deciso di scendere in politica. Per quanto mi riguarda sono stata richiesta di persona ai miei genitori dal prof. Gaetano Vallone, questo per fare capire che rapporto c’era col professore. Non rinnego niente, naturalmente, offenderei l’intelligenza delle persone che mi hanno votato e che ci hanno votato. Chiaramente il momento politico non è sempre quello, cambia. Ci sono state contingenze per le quali ognuno è tenuto a prendere delle decisioni. Quando ho deciso di rassegnare le dimissioni non ero un vicesindaco, un assessore o un consigliere: ero il sindaco della città e ho ritenuto opportuno accettare le dimissioni del prof. Vallone, dimissioni che diede inviando una lettera di comunicazione al consiglio motivandola con le condizioni di salute sue e di sua moglie. Noi abbiamo accettato questa lettera di dimissioni e, contestualmente, abbiamo continuato il rapporto di collaborazione con il prof. Vallone anche se dimissionario. Si prendono determinate decisioni anche relativamente al ruolo che si ricopre. Io avrei dovuto prendere una decisione importantissima che riguardava il piano regolatore. Tropea non aveva un piano regolatore, Tropea aveva ancora un piano di fabbricazione che risaliva al 1928. Col le variazioni che venivano fatte di volta in volta e che fu messo in commissariamento da parte della Regione. Quando siamo arrivati noi nel 1993, abbiamo incominciato ad avere i rapporti con i Commissari regionali che avrebbero dovuto fare il piano regolatore. Il piano regolatore è uno strumento importantissimo per una città, a maggior ragione per Tropea, che in quegli anni era stata violentata a livello territoriale, e dal punto di vista della stesura di un piano regolatore non avrebbe consentito altro che andare a sanare delle situazioni che erano di fatto. C’erano altre situazioni che potevano essere “governate” in modo da fare intravedere un futuro per la città. Si era incominciato a parlare diffusamente da anni e ormai eravamo arrivati al punto che bisognava prendere una decisione. Dopo indagini serie presi la decisione di chiedere il commissariamento per il piano regolatore. Lo feci mettere per iscritto nella delibera che avevo presentato in consiglio comunale. Ho fatto mettere – come dice la legge – i nomi e i cognomi fino alla terza generazione di coloro che erano incompatibili. Si badi bene, non per fatti gravi, ma incompatibili perché appezzamenti di terra o costruzioni di componenti del consiglio comunale ricadevano in un contesto che dovevamo strutturare. La legge dice che coloro che sono incompatibili lo devono dichiarare, perché se non lo dichiarano bisogna mettere i loro nomi nero su bianco altrimenti si rischiano denunce».

E come andò a finire?
«Si scopri che tra i componenti del consiglio comunale solamente alcuni non avevano nessun tipo di incompatibilità. Gli altri erano incompatibili non in maniera sospetta. Si badi bene, un pezzo di terra che ricevi in dono o compri, lo compri in un modo e può diventare in un altro perché lo devi dichiarare, altrimenti incorri in sanzioni pecuniarie e giudiziarie. In tutta onestà io ritenni che, in quelle condizioni, non si poteva approvare un piano regolatore perché non c’erano le condizioni. Allora chiesi il commissariamento che tuttora è lettera morta. Questo è quanto. Un sindaco che vede i suoi assessori dimettersi nottetempo e non volendo alcun appoggio dell’opposizione, intendiamoci, persone perbene, rispettabilissime, non era mia intenzione farmi sfiduciare, non lo ritenevo idoneo per tutto ciò che avevo fatto».

Quindi le sue dimissione sono state una conseguenza politica?
«Sì. Difatti quando il Prefetto mi chiamò per invitarmi a rimanere al mio posto, mi chiese se non ci fosse sotto altro. Gli risposi che era solo un fatto politico. In effetti, quando giunsero a Tropea i Commissari prefettizi, la prima cosa che controllarono furono le casse comunali per vedere se il mio non fosse un escamotage per evitare dissesti economici. Non trovarono nulla di tutto ciò se non il bilancio in attivo».

La prima parte dell’intervista

L’intervista all’ex sindaco di Tropea Domenica Cortese (Prima parte)

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Redazione
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