Fede e dintorni

Bella storia di solidarietà per coronavirus

Rubrica quotidiana a cura di P. Salvatore Brugnano

Storie belle… per vivere meglio

Bella storia di solidarietà per coronavirus.

– Si fa ricoverare con lo zio down, malato Covid: «Non volevo lasciarlo solo»
– Le sorprese dell’amore non finiscono mai. Finora avevo letto di mamme che si ricoverano con i figli ammalati, papà che scelgono di condividere l’ospedale con figli o nipotini in difficoltà. E anche al rovescio: figlie e figli che fanno la stessa scelta.
– Ed ecco ora leggere la storia di un nipote che chiede di essere ricoverato per stare accanto allo zio down, malato Covid: permesso concesso “in via eccezionale”. Ma tale da suscitare la nostra ammirazione la gioia per il lieto fine della storia culminata nella guarigione.
– “Ero ammalato e siete venuti a visitarmi” dice Gesù nel Vangelo. Qui c’è di più. E dove sovrabbonda l’amore, sovrabbonda anche la grazia del Signore: “Venite, benedetti” .- Nella storia di oggi i nomi rimangono sconosciuti ai più, ma la soddisfazione, anzi la gioia rimane grande.

La storia ha come scenario il Policlinico Militare Celio dove ad aprile scorso è nato il Covid-Hospital da 150 posti.
♦ Matteo è rimasto per due settimane all’ospedale Celio per non abbandonare lo zio Paolo in gravi condizioni dopo il contagio.
In via eccezionale la scelta di non separarli per tranquillizzare l’uomo Si fa ricoverare con lo zio down, malato Covid: «Non volevo lasciarlo solo»

♦  Entrare in ospedale insieme allo zio down malato per non lasciarlo solo e spaventato in corsia.
Sembra la trama di un film, ma è quello che ha fatto Matteo Merolla, un ragazzo di 29 anni positivo al Covid, ma asintomatico.
♦ Il giovane ha scelto di farsi ricoverare al Celio insieme allo zio 50enne, affetto da sindrome di Down, che era arrivato in condizioni molto serie al Policlinico militare per un’infezione da Covid-19. «Non volevo lasciarlo solo», la sua spiegazione.
♦ A raccontare la vicenda all’agenzia “Dire” è stato lo stesso Matteo, agente immobiliare, nato e cresciuto nel quartiere di Montesacro. Dopo due Tac infatti allo zio Paolo è stata riscontrata una grave polmonite. Aveva febbre, tosse forte, giramenti di testa costanti, debolezza e malessere generale.
«La prima notte è stato molto male, continuava a svenire e ad addormentarsi, non gli arrivava abbastanza ossigeno e lui ha pianto tutto il tempo perché non capiva quello che gli stava succedendo. Era molto spaventato», ricorda Matteo.
♦ Anche perché quando era molto piccolo, allo zio Paolo è stata asportata una grossa porzione di un polmone, per cui è stato aggredito dal Covid in maniera seria. Ma non essendo autosufficiente, c’era bisogno che qualcuno si prendesse cura di lui. «Ho pensato subito che farmi ricoverare con lui fosse un dovere», dice ora questo ragazzo.

La direzione del Celio ha dunque permesso “in via eccezionale” il ricovero di zio e nipote, anche perché Matteo aveva sintomi blandi. L’ospedale li ha messi in camera insieme così che il giovane spiegasse allo zio passo passo il percorso di cura e lo rassicurasse, evitando di intubarlo vista la sua condizione.
«Ho provato in qualche modo a spiegargli che adesso c’è questo virus e che lui si trovava in ospedale perché aveva bisogno di cure – spiega ancora Matteo – ma lui spesso ripeteva, piangendo, che voleva tornare a casa. Quando i medici e gli infermieri entravano in stanza per fargli un prelievo, per dargli una medicina o anche semplicemente per aggiornarmi sulle sue condizioni, lui costantemente mi diceva: Non ho capito niente». Per zio Paolo era come essere ricoverati in ospedale in un Paese straniero, dove conosci a stento la lingua.

Zio e nipote sono stati al Celio dal 3 al 18 novembre, oggi sono entrambi negativi al Covid-19 e qualche giorno fa hanno fatto rientro a casa, anche se Matteo anche in corsia non ha smesso mai di lavorare.
«Mio zio è stato molto felice di ritornare a casa, è uscito dall’ospedale esclamando, come se fosse un grido di vittoria: E bye!».
Ma soprattutto con la promessa di «non tornarci più in questo posto» e la richiesta molto netta di avere dei supplì per cena. E visto che «ogni promessa è un debito – conclude Matteo – io e mia madre siamo andati subito a comprarglieli».
(fonte: Avvenire.it, 20 novembre 2020).

Venite, benedetti. (Mt 25,34-40)
Dice Gesù:
“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché
♦ ho avuto fame e mi avete dato da mangiare,
♦ ho avuto sete e mi avete dato da bere,
♦ ero straniero e mi avete accolto,
♦ nudo e mi avete vestito,
♦ malato e mi avete visitato,
♦ ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

Bella storia di solidarietà per coronavirus. Matteo i fa ricoverare con lo zio down, malato Covid: «Non volevo lasciarlo solo» – Le sorprese dell’amore non finiscono mai. Permesso concesso “in via eccezionale”. Ma tale da suscitare la nostra ammirazione la gioia per il lieto fine della storia culminata nella guarigione. “Ero ammalato e siete venuti a visitarmi” dice Gesù nel Vangelo. In questa storia c’è di più. E dove sovrabbonda l’amore, sovrabbonda anche la grazia del Signore.- “Venite, benedetti del Padre mio”.

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